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Introduzione |
La storia di Buto è
stata scritta leggendo i
seguenti libri:
Luna Boron Veleia, in
atti e memorie di studi
storici e archeologici,
di Secondo U.
Formentini, Piacenza
1955.
Relatione dell’origine
et successi della terra
di Varese, scritto
dall'accademia Lunigiana
di scienze Giovanni
Capellini, descritta
dall’abate Varesino
Antonio
Cesena l'anno 1558.
Brugnato Città Abbaziale
e Vescovile Documenti e
notizie, di Placido
Tomaini.
Val di Vara un grido, un
canto, di Paolo De Nevi
anno 1988.
Libro della chiesa le
"MEMORIE" costituito
nell'anno 1931 da Don.
Casini Giovanni
Ricerche fatte nella
biblioteca Vescovile di
Sarzana.
Esistono libri
parrocchiali dal 1658 al
1931 i quali riportano
le nascite, i decessi e
i matrimoni, ma non
episodi o eventi
storici. |
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Le origini |
L’origine risale al
tempo in cui i bizantini
cercavano di arginare
l’avanzata dei
longobardi nel VI
secolo. La nostra zona
conserva molte tracce
della presenza
bizantina, che
usufruendo dei porti di
Luni e di Sestri Levante
ha cercato di
contrastare l’avanzata
longobarda attestandosi
sui contrafforti degli
Appennini.
Esistono ancora chiese e
cappelle dedicate a San
Pantaleo e San Quirico,
protettori dell’esercito
bizantino: l’antica
chiesa parrocchiale di
Rocchetta Vara oggi
chiesa cimiteriale e
l’antica chiesa, ormai
distrutta, di Teviggio
dedicata a San Quirico.
Si può sostenere che in
località Focetta,
l'antica chiesa
parrocchiale di Buto,
oggi oratorio pubblico,
fosse dedicata a San
Pantaleo. Un anziano di
Buto ricordava che i
vecchi chiamavano la
chiesa antica, oggi
dedicata alla Madonna
del Rosario, Chiesa "du
Paleo", che certamente
non vuol dire "Chiesa
del Poggio" o dell’erba
che nasce sul poggio,
chiamata in dialetto
"Paleo" ma San Pantaleo.
Che Buto fosse ottimo
sito di difesa per i
presidi bizantini, lo
rivela pure un’altra
località, similare al
sito di Buto, Sassetta
nello Zignago che fino
agli anni settanta
possedeva una
testimonianza storica
della presenza
bizantina: la torre
campanaria ottagonale,
distrutta poi da un
fulmine e non più
ricostruita.
Nei secoli passati il
fiume Vara (dall'antico
Boron) abbondava "di
moltissime pescagioni di
grossi sagri, lamprede,
di trote e saporitissime
anguille", che servivano
"a supplire ai bisogni
di gran parte della
Valle e dei marchesi
Malaspina" che avevano
"vicini i loro feudi":
Buto di cui si fa
memoria di una zona
detta Castellaro
apparteneva ai marchesi
Malaspina.
Tale appartenenza rivela
l'importanza strategica
del paese nel contesto
topografico feudale: da
Caranza fini a Suvero i
Malaspina, seguendo il
progetto strategico dei
bizantini, avevano
istituito i punti di
difesa per arginare
l’attacco al loro feudo.
Si ha memoria di beni
appartenenti ai
Malaspina nella zona di
Buto attraverso il patto
giuridico della
mezzadria istituito nel
1500 ma che richiama la
proprietà dei beni
terrieri risalenti ai
Malaspina attorno agli
anni 1000.
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Le strade |
Dalle testimonianze
scritte dall’abate
Varesino Antonio Cesena
nell'anno 1558, emerge
che prima della strada
San Pietro - Varese -
Cento Croci
(linea blu),
esistevano due altri
percorsi, il primo
passante da Castelnovo
di Salino (dove esisteva
un castello con chiesa,
ora distrutto, a levante
di Salino, su un monte a
destra del Vara) - San
Pietro - Teviggio -
Porciorasco - Caranza e
Cento Croci,
(linea verde)
il secondo ancora più
antico del precedente
sarebbe venuto da Sestri
Levante, attraverso
Velva e Castello di
Carro, Cavalanova (dove
esiste una stazione con
una chiesa denominata
"Nostra Signora di
Cavalanova" la più
antica della Val di
Vara), saliva per Buto
Consigliato e giunti
alla Focetta deviava a
sinistra per Caranza,
Albareto, Gotra,
Borgottaro a destra per
lo Zerasco.
(linea Rossa).
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Le Chiese |
La chiesa alla Focetta
certamente fu una delle
famose "celle" dei
Monaci Brugnatesi: luogo
d’incontro di preghiera
per i Monaci che si
dedicavano al lavoro dei
campi e insegnavano agli
abitanti del luogo a
coltivare i campi. Si ha
notizia della chiesa di
Buto intorno al 1200
come facente parte della
diocesi di Brugnato.
L’attuale chiesa
parrocchiale di Buto era
anticamente la cappella
cimiteriale, dove
venivano sepolti i
defunti (nell’anno 1969
quando fu rifatto il
pavimento della chiesa è
stato possibile vedere
l'ossario).
Verso la fine del 1600
la così come la possiamo
osservare oggi.
La "cappella" era
costituita dall'attuale
zona dell'altare e della
sacrestia e continuava
con la parte cimiteriale
(zona dalla balaustra in
marmo fino alle
colonne). Esisteva anche
un piccolo con una sola
campanella, attaccata al
muro sinistro.
Successivamente la
chiesa fu ampliata,
venne costruita l'abside
(con il coro ligneo). In
tempi più recenti (fine
del seicento) fu
allargata e allungata la
navata centrale con i
due altari della Vergine
e di San Pietro e la
parte oltre le colonne
con la balconata sopra
la porta d'ingresso e la
zona "battistero". Venne
anche costruito il nuovo
campanile staccato dalla
chiesa. Dai libri della
parrocchia risulta che
le vecchie campane
riportavano inciso
l'anno MDCCCC (1900)
Inoltre le
pietre nel
campanile e sacrestia e
nel vecchio campanile
incorporato nell'attuale
chiesa sono sicuramente
state prese dalla zona
Castellaro.
Abbiamo anche scoperto
il
campanile vecchio
nella chiesa. |
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Dove era il centro di
Buto? |
Il Centro di Buto era
certamente la Focetta/Lisorno
perché punto di
divaricazione delle
strade per lo Zerasco e
per Parma e dal punto di
vista strategico
difensivo il più
nascosto e il più
difendibile. Certamente
l’economia agricola
pretendeva altri punti
di riferimento data la
povertà del terreno e di
conseguenza la richiesta
di ampi spazi per poter
produrre il necessario
alla sopravvivenza. I
cosiddetti fuochi (che
stanno ad indicare la
presenza delle famiglie)
risultano distanziati
nell’indicazioni a
testimonianza della poca
fertilità del terreno
appenninico.
Gli attuali insediamenti
: Foceiano Calazzini
sono insediamenti più
recenti |
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Buto nel contesto del
sistema ecclesiastico
lungo i secoli |
Il sistema
dell’organizzazione
ecclesiastica "a pieve"
aveva i suoi centri
nelle chiese battesimali
(pievi) matrici di una
serie di chiese minori
alle loro dipendenze
(cappelle) che, nel
tempo si trasformarono
in parrocchie autonome.
L’origine di tale
sistema è risalente al
periodo precedente la
dominazione longobarda
in Italia. Le pievi
comprese nella diocesi
di Luni sono elencate in
modo completo nel
privilegio concesso da
Papa Eugenio III al
vescovo Gottifredo il
giorno 11 novembre 1148,
nel quale si legge
(...... In quibus hec
propriis nominibus
Duximus exprimenda
......), probem di
Robiana, probem de
Cornia, Proben de
Pignone, Problem Sancti
Andree de Castello,
Problem de Bolano.
Nel 1276 Le stesse pievi
sono ricordate nella "Rationes
delle decime pro
subsidio Terre Sancte",
relative alla prima e
seconda paga del secondo
anno (1276); la probem
di Robiana, che
riporterà la nostra
zona, sarà descritta
solo nel 1296-1297:
Pieve de Robiana
Cappella de Clusula
Cappella de Tivello
Cappella de Costula
Cappella de Casali
Cappella de Rio
Nel 1451 Nel più antico
Estimo delle chiese del
Vescovato di Brugnato,
compilato in quell'anno,
si legge che l'Ecclesia
sancti Petri de Buti era
obbligata a pagare al
vescovo un canone annuo
cattedratico di due
lire.
Nel 1470-71 la cappella
di Buto fu annoverata
fra le cappelle
tributarie della pieve
di Robiano, che non
appartenne mai alla
diocesi di Luni-Sarzana.
In un sinodo tenuto il
24 maggio nella
Cattedrale di Sarzana,
venne istituito
l’obbligo di un sussidio
caritativo destinato
all’episcopato, pari al
50% del valore dei beni
di ciascuna Cappella. La
riscossione del
caritativo fu fissato in
due rate uguali, da
pagare entro giugno e
ottobre di quell’anno;
venne infine imposto un
secondo identico tributo
per l’anno 1472.
Negli estimi sono
citati:
Pieve de Robiano
Cappella de Chiusola
Libbre 6 soldi 10
Cappella de Tivello
Libbre 8 soldi 10
Cappella de Costula
Libbre 3
Cappella de Casale
Libbre 6
Cappella de Rio Libbre 3
Cappella de Bu Libbre 3
Cappella de Cavalanove
Libbre 1
Nel 1518 San Pietro di
Buto era già unita a
quella di Costola.
Quantunque sia nominata
cappella in molte
relazioni di visite
pastorali ed in altri
documenti, noi pensiamo
che, durante la sua
unione a Costola, non
abbia perso la sua
prerogativa di
parrocchia, perché
presente negli atti
della visita pastorale
del vescovo Francesco
Mottini.
Nel 1616 è detta "chiesa
parrocchiale sotto il
titolo di San Pietro
apostolo de Buto annessa
alla chiesa parrocchiale
di Costola". Quindi Buto
e Costola dovevano
essere due parrocchie
rette da un solo
parroco. Tale unione non
poteva continuare senza
danno spirituale per
Buto, perché il rettore
non si portava quasi mai
a celebrare in Buto.
Nel 1627 il vescovo
Francesco Spinola ordinò
che il rettore una volta
al mese in giorno
festivo, inoltre nelle
seconde feste di Natale,
Pasqua e Pentecoste e
nel giorno seguente la
commemorazione dei
fedeli defunti si
recasse a celebrare in
Buto, ove si trovavano
persone vecchie ed
inabili a portarsi in
Costola.
Nel 1657 - Gli abitanti
di Buto dovevano recarsi
quindi a Costola per
adempiere ai loro doveri
religiosi, ma poiché la
distanza era oltre due
miglia, con due torrenti
frammezzo ed essendo per
tali cose troppo grave e
difficile alla gente di
Buto adempiere a tali
doveri religiosi,
espressero al Vescovo il
desiderio di avere un
Rettore a Buto.
Assegnarono quindi un
patrimonio alla chiesa
di Buto composto da
alcuni beni immobili,
per il mantenimento del
Rettore con due atti:
uno del notaio Gandolfo
in data 22/5/1657 e uno
del cancelliere
vescovile in data
6/6/1657.
Il
decreto (ATTO
ESISTENTE PRESSO LA
CANCELLERIA VESCOVILE DI
LUNI SARZANA BRUGNATO)
di smembramento della
chiesa di Buto da quella
di Costola è datato
15/6/1657 e fu firmato
dal Vescovo M. Giovanni
Battista Paggi.
La chiesa di Costola
nella persona del suo
Rettore pro-tempore si
riservava i redditi
certi della chiesa di
Buto. Morto lui o
rinunciando egli al
rettorato di Costola,
tali redditi saranno
devoluti alla parrocchia
di Buto.
E fin tanto che vivrà
l’attuale Rettore di
Costola e non rinuncerà
alla Parrocchia, quelli
di Buto dovranno dare:
quattro cappellate di
castagne secche per
fuoco;
il giorno di S. Vincenzo
daranno al Rettore
pro-tempore una libbra
di candele di cera;
il Rettore pro-tempore
di Buto dovrà
intervenire a detta
solennità e se
occorresse altro
sacerdote a Buto si
dovrà chiamare quello di
Costola.
Il Rettore di Buto sarà
votato dagli uomini di
Buto e verà eletto
quello che riporterà il
maggior numero di voti.
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Nasce Internet a Buto |
L'idea nasce nell'agosto
1999, da De Mattei
Leandro, De Mattei
Aurora e Basso Luciana,
dal desiderio di far
conoscere sempre di più
questo magnifico
paesino, così il 20
ottobre 1999 nasce il
sito "Buto on Line",
(www.buto.it)
coinvolgendo anche altre
persone, il resto è
storia attuale.
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Curiosità |
Sono riportati solo i
più significativi
episodi, presi dal libro
parrocchiale "MEMORIE"
testo nell'anno 1931 da
Don. Giovanni Casini.
Si è deciso di riportare
gli eventi descritti nel
libro senza modificare
il contenuto, quindi il
testo sotto riportato è
quello scritto dai
parroci di Buto.
Nel 1930 il Sac. Bertoni
lasciò la parrocchia di
Buto poiché era stato
nominato canonico e
Parroco della cattedrale
di Brugnato divenne
Parroco di Buto Don
Casini che continuerà a
scrivere le "MEMORIE"
iniziate da Don Bertoni
e continuate dai suoi
successori.
Durante il periodo di
Don Bertoni (1915-1930)
furono venduti alcuni
appezzamenti di terra
del Beneficio
Parrocchiale situati
verso la Focetta ed
acquistata la casa con
orto annesso, vicini
alla Chiesa, ove fu
adattata, con
ampliamento, la
Canonica, nella quale il
Bertoni, malgrado varie
contrarietà espressa
dagli abitanti di
Lisorno e di
Consigliato, venne ad
abitare nel 1925 circa.
Sempre durante il suo
periodo la Parrocchia di
Buto fu elevata a
Prevostura con decreto
vescovile datato
20/11/1923 e fu messa la
lapide alla facciata
della Chiesa (ora nel
cimitero), in memoria
dei Butesi caduti nella
guerra 1915/18.
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1931
L'ampliamento del
camposanto |
Se affermo subito che il
camposanto di Buto, nel
1931, era in condizioni
deplorevolissime sotto
ogni aspetto, religioso,
civile ed igienico, mi
si dirà che sono
esagerato ma non me ne
importa proprio un bel
nulla. La verità è
questa: a me dà ragione
il mio predecessore, il
quale aveva curato
(parlo di Don Bertoni)
il restauro e
l'ampliamento, mediante
un preventivo, fatto da
competente in materia.
Ma il preventivo giaceva
negli uffici del Comune
di Varese Ligure! Senza,
pertanto, occuparmi
degli studi, volli
scendere subito ai
fatti; e la domenica
successiva alla mia
venuta dissi al popolo
che il camposanto doveva
essere ad ogni costo,
messo in ordine. Ne
parlai al Podestà di
Varese Ligure, Dott.
Ceresola, il quale
approvò il mio progetto,
e stabilì un sussidio di
4 mila lire, che poi
portò a 5, e finalmente
a 6 mila.
Di ostacolo era prima di
tutto la parte del
terreno per
l'ampliamento. Mi fu
facile trovarlo scavando
per oltre 4 metri il
monte adiacente al muro
di cinta di faccia al
cancello d'ingresso.
Tale tratto era
infruttifero: bastava
atterrare qualche pianta
di castagno. E il giorno
13 Settembre 1932
cominciai i lavori,
chiamando il popolo a
raccolta e domandando la
sua prestazione d'opera
gratuita. Io per il
primo adoperai il picco
e la zappa! Gli altri mi
seguirono. Il lavoro fu
lungo e faticoso. Venne
fatto a turno e a più
riprese. Finché, trovato
lo spazio, la domenica 2
ottobre 1932 si poté
porre la prima pietra,
solennemente e presente
tutto il popolo, nel
punto in cui oggi sorge
l'altare della Cappella.
Sotto la prima pietra fu
posta la pergamena,
entro il tubo di piombo,
con la dicitura seguente
: "Sedendo Pio Papa XI,
Re D'Italia Vittorio
Emanuele III, Vescovo di
Luni Mons. Giovanni
Costantini, Podestà di
Varese Ligure Dott.
Ceresola Presidente
della fabbriceria Visca
Giobatta, il Parroco di
Buto Don Giovanni Casini
benediceva oggi 2
ottobre 1932, ERA
FASCISTA anno X, la
prima pietra della
cappella e
dell'ampliamento del
cimitero concorrendo il
Comune e la mano d'opera
dei seguenti popolani,
maestro muratore Ghiorzo
Domenico (seguono i nomi
di tutti i popolani)".
Il vecchio camposanto,
irriconoscibile anche
dal lato estetico non
aveva nè Cappella nè
Ossario. Volli che
sorgesse la Cappella e
l'ossario, al lato
sinistro del quale
(entrando) feci
costruire due tombe per
sacerdoti. Curai che
tutti i defunti quivi
già tumulati avessero
ognuno una croce uguale
tinta in nero, con
annessa targhetta di
ottone, ove feci
incidere, tutto a mie
spese, il nome, cognome,
anno di nascita e anno
di morte del defunto, e
riparai e misi in luogo
ordinato le lapidi
marmoree, ridotte in
pessimo stato. Non
riuscii a delineare il
luogo ove era stato
sepolto il mio
predecessore Don
Taramaschi, che ne avrei
curata la tumulazione in
Cappella, apponendovi un
marmo in ricordo delle
sue benemerenze. Giova
qui fare rilevare che le
tombe per sacerdoti si
aprono togliendo da
contro il muro in corum
Evangelii un pezzo di
pavimento (circa 60
centimetri) pavimento
che poi può essere
supplito col marmo su
cui viene inciso il nome
del Sacerdote quivi
sepolto. Da notare
altresì che ho curato,
in ordine alle
prescrizioni liturgiche
che l'altare fosse
murato sul duro, e fuori
dal perimetro
dell'ossario. L'altare
stesso è in cemento
armato, e costruito da
mio fratello Luigi e da
suo figlio Alberto
Casini. Curai inoltre
che il cimitero avesse
anche un po’ d'estetica
e non si verificasse il
fatto doloroso di vedere
tutti calpestare le
tombe: per cui lo
ordinai con quattro
vialetti, oltre il viale
centrale.
Al vecchio camposanto si
accedeva mediante una
scala di pietra ormai
impraticabile. Disfeci
la scala e posi cura che
venisse aperta una
strada a doppia rampa,
tenuta dal muro di cinta
in pietra. Il muro fu
fatto, e vi fu messa la
croce, nel giorno 3
maggio 1933, Incisione
della Santa Croce, da
tutto il popolo. Non
esisteva memoria che il
vecchio camposanto fosse
benedetto col rito della
chiesa. Posi opera
perché questa
benedizione avvenisse il
24 giugno 1933, per mano
di Mons. Giovanni
Costantini presenti il
podestà di Varese
Ligure, il Segretario
Comunale, e tutte le
altre autorità
religiose, militari e
politiche di Varese e di
San Pietro Vara, nonché
il rappresentante del
Prefetto di La Spezia
nella persona del Suo
Capo di Gabinetto, e i
parroci di Rio, Groppo e
Teviggio. La funzione fu
fatta in rito
Pontificale, presente
tutto il popolo, la
mattina del 24 detto,
alle ore 11.
24 Giugno 1933 Don
Giovanni Casini |
La fusione delle cinque
campane |
Il vecchio concerto,
fuso nel 1900 dalla
ditta Capanni, del peso
complessivo di 14
quintali, era di 4
campane: la maggiore,
rotta. Si parlava già di
un nuovo concerto; ma
erano voci vaghe,
inconcludenti. Lasciai
trascorrere un po’ di
tempo, e finalmente
nella seduta di
Fabbriceria del giorno 8
gennaio 1933, feci la
proposta. La Fabbriceria
era composta come
appresso: Visca Gio
Batta presidente,
Epidendio Emilio,
tesoriere; Lompi
Giuseppe, Segretario;
Biasotti Carlo e
Pietronave Antonio,
membri. Perché il popolo
fosse maggiormente
rappresentato, vennero
aggiunti ai Fabbriceri:
De Mattei Gio Batta,
Ghiorzo Domenico, Basso
Amedeo e Montelli Luigi.
Il Montelli non accettò
l'incarico di far parte
della Commissione, e fu
sostituito subito da
Calisto Vittorio.
Bandito il concorso
furono avanzate la
domande dalle ditte:
Achille Mazzola di
Valduggia (Vercelli),
Francesco Picasso di
Recco, Francesco e
Matteo Picasso di Avegno,
Luigi Magni di Lucca,
Paolo Capanni di
Castelnuovo Monti
(Reggio Emilia), Enrico
Picasso e Francesco di
Avegno, al quale ultimo
fu affidata la fusione
del concerto di 5
campane in RE: fusione
da farsi a Buto entro il
24 maggio 1933. Sta il
fatto che la ditta, per
varie ragioni e
combinazioni, che qui
non voglio illustrare e
commentare, fece il
concerto in RE bemolle
maggiore del peso
complessivo di oltre 40
quintali! D'onde le
varie discussioni che
possono leggersi nel
quaderno dei verbali da
me vergati ogni volta
che si tenevano le
sedute della
Commissione. La fusione,
ripeto, avvenne, per
contratto da me firmato,
a Buto, sulla pubblica
piazza, dinanzi alla
chiesa ove fu scavato il
forno e la fossa presso
il muro, anzi il
ciglione delle piane a
sinistra. Avevo
vagheggiato l'idea di
fondere con il bronzo
dei cannoni residui di
guerra; e a tale scopo
ne scrissi al capo del
Governo, Benito
Mussolini, facendo
firmare tutta la
popolazione ed
interessando lo stesso
Prefetto della Spezia
On. Russo; ma dal
Ministero della Guerra,
per ben due volte mi fu
risposto che, mentre si
lodava l'idea della
fusione delle campane
(una delle quali volli
conservare alla memoria
dei Butesi caduti in
guerra), si era
dispiacenti perché il
materiale bellico era
ormai esaurito. Per cui
dovemmo acquistare a
Genova e a Sampierdarena
tutto il materiale
necessario , che fu
portato a spalla dal
Pino a Buto da tutti i
popolani, grandi e
piccoli, uomini e donne,
in una gara sorprendente
e ….. commovente! Anche
i ceppi delle campane
furono portate a spalla
dal Pino a Buto in una
mattina festiva. Il
ceppo della campana
maggiore fu portato da
circa 25 uomini, tutto
un pezzo!!
La fusione avvenne sulla
metà di luglio 1933,
presente tutto il popolo
che si attardò in piazza
fino alla 1 dopo
mezzanotte, ora in cui
avvenne la seconda
fusione, mentre la prima
(le due campane
maggiori) fu fatta la
sera precedente circa le
undici.
Difetto di fusione,
imperizia dei fonditori,
non so: è certo che le
forme delle due campane
maggiori, gettandovi il
metallo fiammante,
cedettero: e non
avvennero disgrazie
provvidenzialmente. Ma
il colpo fu forte !!
Le iscrizioni, che feci
porre sulle nuove
campane, sono le
seguenti:
1.ma Campana =
Jesu Christo Redemptori
dicatum - Anus Jubilaei
a Pio Papa XI indicto
MCMXXXIII - Propter
nostram salutem passus
Populus Buti fecit.
(dedicata a Gesù
Redentore anno del
giulileo in detto da
Papa Pio XI 1933 - Ha
sofferto per la nostra
salvezza - Il popolo di
Buto fece)
2.da Campana =
Divo Petro Apostolo
dicatum - Ad maiorem Dei
gloriam - A.R.S.
MCMXXXIII - Tu es
Cristus Filius Dei vivi.
(dedicata al divino San
Pietro Apostolo - Alla
maggior gloria di Dio.
A.R.S. "Anno della
Redenzione del Signore"
1933 - Tu sei il figlio
del Dio vivente)
3.za Campana =
Divo Georgio Martiri
dicatum - Ad maiorem Dei
gloriam - A.R.S.
MCMXXXIII (e sotto lo
stemma sabaudo e del
littorio) Italicae
gentis Roege Vittorio
Emanuele III - Duce
Benito Mussolini. Quo
dintius latinesque corum
nomen gloriusque
personent. Qui pro
patriae salute. Fortites
pugnantes bellico aevo
fructi. D. G. C.
(seguono i nomi dei
caduti).
(dedicata al divino
martire Giorgio - A
maggior gloria di Dio
A.R.S. 1933 - Vittorio
Emanuele III re
dell'Italiche genti -
Duce Benito Mussolini -
Facciamo risuonare il
nome e la gloria di
coloro che morirono in
guerra per la salute
della patria - Don
Giovanni Casini e
seguono i nomi dei
caduti).
4.ta Campana =
Beatae Mariae virgini
sub titulo regina pacis.
Ad maioreme Dei gloriam
- A.R.S. MCMXXXIII Ad
peste, fame et bello -
libera nos domininum.
(Beata Maria Vergine
sotto il titolo di
Regina della Pace - A
maggior gloria di Dio
A.R.S. 1933 - Dalla
peste, fame e guerra
liberaci o Signore)
5.ta Campana =
Divo Ioanni Baptistae
Preecur domini Ad
maiorem Dei gloriam
A.R.S. MCMXXXIII -
vocabitum nomen cuius
Joannes.
(Al Divino Giovanni
Battista precursore del
Signore - A maggior
gloria a Dio. A.R.S.
1933 - Sarà chiamato
Giovanni)
Per la inaugurazione
solenne e la relativa
benedizione delle
campane erano stati già
invitati da me ed
avevano promesso il loro
intervento, il prefetto
On. Russo, le autorità
politiche, militari,
fasciste e civili di La
Spezia e di Varese. Ma
per la ritardata fusione
e anche perché si volle,
contro la mia volontà
porre le campane sul
campanile il giorno 5
agosto senza lasciare
tempo a me parroco di
interessarmi presso le
autorità sopraddette, la
cerimonia così solenne,
da me vagheggiata anche
per trarne occasione di
giovare, per l'avvenire
al popolo Butese, non
poté avere luogo. Di ciò
me ne dolsi
pubblicamente, anche per
smentire certe voci che
correvano e si facevano
correre contro di me dai
soliti, i quali, per
atavismo, tengono per
sistema di intralciare
l'opera del parroco,
pure (falsi e vili!)
circondano il parroco di
complimenti. Ho detto
per atavismo, perché, da
voci raccolte e da
documenti trovati in
archivio, o i medesimi o
i figli loro,
osteggiarono i miei
predecessori Don
Taramaschi, Don Belli,
Don Callegari e lo
stesso Don Bertoni.
D'altronde, io non
potevo permettere che si
ponesse sul campanile un
concerto di campane che
per me concerto non era,
se prima non lo avesse
collaudato un competente
maestro di musica, e se
i fonditori non
dichiaravano in iscritto
che le due campane
maggiori avevano
imperfezioni visibili di
fusione, e che si era
dovuto togliere dalle
medesime, a scalpellate,
parecchio metallo.
Dovevo, in pari tempo
tutelare gli interessi
della parrocchia, non
quelli di una Ditta,
contrariamente alla
ubriacatura ed
all'entusiasmo di chi
dalla stessa Ditta e da
altri erano stati
montati per il momento.
Trascorsi, invero,
giorni difficili e
dolorosi; ma offrii al
Signore tante pene,
nella speranza che i
delusi avessero
finalmente riconosciute
le mie ragioni: ciò che
avvenne a distanza di
vari mesi. "Col tempo e
colla voglia, si
maturano le sorte e la
canaglia", dice un
proverbio toscano; e
sentii in pubblica
piazza chi affermò che
il Prevosto diceva bene,
quando non voleva che si
portassero lassù in
campanile le campane.
Neppure Mon. Vescovo
Costantini, trovandosi
altrove in Visita
Pastorale, potè
presenziare la cerimonia
inaugurale. Ne ebbi io
l'autorizzazione di
benedire sollennemente
le campane. Ecco come
descrivevano la
cerimonia i giornali -
"Avvenire d’Italia"
"Giornale d’Italia",
"Liguria del popolo" e
"Nuovo Cittadino di
Genova": Quello che
poteva essere, ed era,
un sogno, è stato ieri
la realtà più viva: la
parrocchia di Buto di
Varese Ligure, a pochi
giorni di distanza
dall’inaugurazione
solenne del cimitero, ha
esultato allo squillo di
cinque nuove campane,
fuse a Buto Stessa
(settecento metri sul
livello del mare) dalla
ditta Picasso Enrico e
figli di Avegno
(Genova). Le campane
pesano complessivamente
oltre quaranta quintali:
la prima è dedicata a
CRISTO REDENTORE in
ricordo dell’anno santo:
la seconda a SAN PIETRO
APOSTOLO titolare della
parrocchia; terza a SAN
GIORGIO MARTIRE e porta
intrecciati lo stemma
sabaudo e del littorio
con la seguente
iscrizione (e viene
citata); la quarta alla
VERGINE sotto il titolo
Regina pacis; la quinta
a SAN GIOVANNI BATTISTA
patrono della Liguria.
La benedizione liturgica
solenne è stata data,
per autorizzazione di
Mon. Costantini
impossibilitato avenire
per ragioni di
ministero, dal nostro
parroco Don Giovanni
Casini, assistito dal
vicario foraneo Don
Ismaele Ghio, prevosto
di Teviggio. Il podestà
di Varese Ligure Dott.
Ceresola occupato
altrove si è scusato con
una bella lettera
diretta al Prevosto.
Alla cerimonia, oltre il
popolo, e molti dei
paesi vicini, erano
presenti i balilla e le
piccole italiane di Buto
e le vedove e gli orfani
di guerra ex
combattenti, fabbriceri
e Commissione per le
nuove campane. Fungeva
da padrino il Sig.
Giobatta Visca
presidente della
fabbriceria; per la
campana dei caduti il
sig. Martinez Giovanni
appuntato dei RR.CC.: da
madrina per dette
campane la Sig.
Maddalena Casini, madre
del nostro Prevosto.
Molte bandiere tricolori
pendevano dalla torre
campanaria. Per la
circostanza era stato
eretto in piazza
un’altare sul cui
sfondo, tra bandiere e
gli stemmi pontificio,
di casa Savoia, del
Littorio, di Mon.
Vescoso Costantini e del
Comune di Varese Ligure,
si leggeva la seguente
epigrafe "squillate o
nuovi bronzi - benedetti
da dio - e ridite alle
genti - la gloria del
signore - l’eroismo dei
nostri prodi -
l’entusiasmo di Buto -
che vi volle segni
d’amore - per la
religione e per la
Patria".
Compiuta appena la
benedizione liturgica un
coro di fanciulle di
Buto ha cantato CRISTOS
VIVEIT, seguito dalle
acclamazioni al sommo
Pontefice, al Re, al
Duce, al Vescovo; e
dall’inno - Cristo
resusciti nei nostri
cuori. Don Casini,
visibilmente commosso,
ha pronunciato il
discorso inaugurale,
spiegando il significato
delle campane e i loro
fini, e proponendo
l’invio in pari tempo di
indirizzi al Papa, al
Sovrano, al Duce, al Mon.
Vescovo, al Prefetto
della Provincia:
indirizzi che hanno
riscosso l’approvazione
comune. Durante il suono
festivo delle nuove
campane è stato cantato
in piazza il TE DEUM
solenne e a voce di
popolo. "Così i
giornali". Gli indirizzi
e le relative risposte
si trovano in Archivi
Parrocchiali.
Sempre a proposito di
fusione di campane
voglio segnare qui, per
la storia, il peso del
metallo posto nel forno
prima della fusione.
1.ma fonditura (2
campane grosse) bronzo
nuovo kg 1400, cioè rame
kg 1092 stagno kg 308,
totale kg 1400. Vecchio
kg 1400: totale 2800. Le
campane fu affermato dai
tornitori, peseranno kg
22400 e cioè la prima
campana kg 1280 la
seconda kg 960.
2.da fornitura (le altre
tre campane) bronzo
nuovo kg 1000 cioè rame
kg 780 stagno kg 220
totale 1000. Vecchio kg
6000 = totale 16
quintali. Le campane,
sempre secondo i
tornitori, peseranno
quintali 16,520.
Totale dell’intero
concerto quintali 38,920
il difetto di fusione,
invece, fece sorpassare
il peso di 40 quintali.
A questo va aggiunto il
peso dei ceppi, forniti
come da fattura, della
ditta Williams e Trebino
di Uscio (Genova). I tre
ceppi delle prime tre
campane (per le altre
due furono usati i ceppi
delle vecchie) kg 1.765:
i due batacchi delle
campane maggiori pesano
kg 41 gli altri tre
batacchi sono quelli
delle vecchie campane.
Così sul campanile
furono trasportate e
sono ben settanta
quintali circa di
materiale. La somma
complessiva delle spese
per le campane e per il
nuovo cimitero,
oltrepassano le 40 mila
lire; senza contare che
il popolo di Buto,
complessivamente ha dato
gratuite ben 1327
giornate di lavoro!!
Come risulta da nota
dettagliata
dell'Archivio
Parrocchiale.
Le vecchie campane erano
4 e portavano le
diciture:
1.ma:
Tu es Christus Filius
Dei vivi - Populus Buti
hoc fecit. Heuricus
Capanni cum Filio Paulo
fecerunt A.D. MDCCCC.
(Tu sei Cristo figlio
vivente di Dio - Il
popolo di Buto qui fece.
Enrico Capanni e figlio
fecero - Anno domini
1900)
2.da:
Et tibi dato claves
regni coelorum. Capanni
etc.
(E ti darò la chiave del
regno celeste - Capanni
etc.)
3.za:
Angelus Domini …..
Mariae . Capanni etc.
(L'Angelo del Signore
annunciò a Maria -
Capanni etc.)
4.ta:
Pro salute nostra me
misit. Capanni etc.
(Per la nostra salute -
Capanni etc.) |
Le seconde campane in Re
Maggiore |
Nel 1933 si era fuso in
parrocchia un concerto
in re maggiore dalla
ditta Picasso Enrico e
figli. Il concerto di
mole mastodontico riuscì
male e lasciò alla
parrocchia quasi 30.000
lire di debito, la lite
con la ditta e discordia
in paese. La lite dopo
una prima sentenza del
tribunale che ametteva
la corrispondenza tra la
ditta e fabbriceria si
concludeva
amichevolmente
nell'ottobre 1938 a
Varese Ligure con il
versamento di lire 2.000
della fabbriceria alla
ditta inveceo di lire
6.000.
In questa occasione il
parroco e il fabbricere
sig. Biasotti Giovanni
che si erano recati a
Varese Ligure per
l'aggiustamento della
lite venne proposta
l'idea della rifusione
del concerto.
Il parroco e la
fabbriceria nominarono
in seduta la proposta e
visto che era l'unico
mezzo per riparare
l'errore fatto dalla
Ditta Picasso e per
alleggerire i debiti
determinarono di
radunare i capi famiglia
per sentire la loro
opinione circa la
rifusione del concerto.
Le opinioni furono
discordi e allora il
Parroco mandò ad ogni
singola famiglia una
lettere così concepita
"Io sottoscritto mi
dichiaro contento che
sia rifuso il concerto
fuso dalla ditta Picasso
purché non sia inferiore
il nuovo al peso di 26
quintali" da firmarsi.
Eccetto uno tutti
firmarono. Senza perdere
tempo, il Parroco
interrogò alcune ditte,
per la rifusione del
concerto per vedere
quale fosse la migliore
offerente dato che 16
quintali di metallo
dovevano rimanere alla
ditta fonditrice. La
ditta prescelta fu la
ditta Capanni Paolo di
Castelnuovo Né Monti
(prov. di Reggio
Emilia). La ditta si
obbligò al trasporto del
nuovo e del vecchio
concerto dalla
parrocchia alla fonderia
e viceversa; al
versamento di lire
10.750 alla chiesa e di
dare un concerto in mi
bemolle maggiore del
peso di 26 quintali. Il
vecchio concerto fu
portato via in maggio
1940 e fu riportato il
24 giugno 1940 al Pino.
La popolazione in due
giorni con l'aiuto di
due paia di buoi le
trasportò sopra un carro
a quattro ruote tra
grande entusiasmo. Il 14
luglio 1940 il vescovo
in occasione della
visita pastorale
solennemente alle ore 12
legali presente tutta la
popolazione le
benediceva. Il 24 agosto
1940 venivano poste sul
campanile. Così
felicemente si riparava
un errore che aveva
messo sottosopra il
Paese e aggravato di un
debito non indifferente
la chiesa.
Don Maggiani Aldo 1940
|
Pratica luce |
Costante premura di chi
tramanda queste notizie,
come dei suoi
predecessori, fu quella
di portare la luce a
Buto. Riprendendo la
pratica dell’economo Don
Raffaele Calindo,
parroco di Costola, il
quale aveva ottenuto un
preventivo di lire
246.000 per tutta la
zona di Buto nel 1946.
Il sottoscritto nei
primi giorni del 1947
dopo aver radunato il
consiglio parrocchiale e
la popolazione, vista
l’avversità posta dalla
popolazione di Lisorno -
Consigliato, pensò di
fare eseguire un altro
preventivo per la zona
più favorevole (Costa
dei Lazzini, Chiesa Foce
con allacciamento a
Costola ) nella speranza
di ottenere una spesa
minore, e pensando che
in seguito si sarebbero
allacciati anche i
contrari. La bomba
scoppiò quando la
società Cieli comunicò
il preventivo ristretto:
Lire 270.000. Questo
aumento alla distanza di
pochi mesi mandò
all’aria tutto. La
popolazione di Buto deve
ripetere, il mea culpa,
per non aver
approfittato di tante
altre precedenti
occasioni e Dio non
voglia che non ne riesca
mai più.
|
Anno 1948 |
Origine del C.R.A.L - a
Buto - per avversità
contro l’osteria e la
Chiesa è sorto ai primi
di quest’anno il circolo
che si trova a pochi
metri dalla Chiesa. Esso
fu organizzato dai
soliti capoccia
avversari irriducibili
del Parroco. Egli fece i
suoi passi più che altro
a che si impedisse
l'erezione presso la
Chiesa e perciò inviò la
seguente lettera all’Enal:
spett. Direz. Enal - La
Spezia mi risulta che la
gioventù di questo paese
ha chiesto
l’autorizzazione a
codesto ente per
costituire un circolo
Cral a Buto.
Il sottoscritto non è
contrario a tale
intendimento. Solo si
oppone a che venga
istituito detto circolo
a pochi passi dalla
chiesa parrocchiale
nella casa DE MATTEI. Da
notare che sulla stessa
strada a distanza
regolamentare esiste già
un’osteria.
Ciò faccio presente non
per spirito di parte ma
perché conosco ciò che
si propongono gli
organizzatori e per la
troppo vicinanza alla
chiesa, con conseguenti
schiamazzi per le
funzioni parrocchiali.
D'altra parte detto
circolo potrebbe stare
benissimo altrove.
Nella speranza che
vengano accettati i miei
suggerimenti, porgo
rispettosi ossequi e
attendo una risposta
Sacerdote Ovidio Foce.
Non valsero nè lo
scritto nè i passi fatti
all'Enal e in Questura.
La ragione è che in
tempo di democrazia ogni
iniziativa è libera e
così Buto ha il suo CRAL,
ritrovo dei più rossi e
scalmanati di tutto il
paese.
|
Progetto strada Buto |
La popolazione ed il
parroco di Buto, avendo
saputo di un progettato
tronco stradale tra
Macchia - Costola -
Teviggio ecc.. hanno
provveduto a far
pervenire agli on.
Guerrieri e Gotelli, il
seguente Esposto:
Pregiatissimi On.
Guerrieri e Gotelli
Il sottoscritto parroco
di Buto interpretando i
desideri del consigliere
e della popolazione di
questo paese a riguardo
del progettato tronco
stradale Macchia -
Costola - Teviggio
ecc.., considerato che
con tale progetto
verrebbe escluso
completamente il paese
di Buto e nello stesso
tempo rimarrebbe tronco
morto la strada che
congiunge Groppo alla
provinciale, per
valorizzare meglio
questa zona, anche a
scopo turistico per le
bellezze naturali del
Gottero, fa istanza
perché venga proseguita
la strada di Groppo per
Buto - Teviggio ecc. con
diramazione in un punto
X per Costola - Macchia.
Progetto questo un po’
arduo ma che reca
notevoli benefici in una
zona già troppo
trascurata e povera in
sè stessa.
Nella fiduciosa attesa
che vengano presi in
considerazione questi
suggerimenti, il parroco
si sottoscrive insieme
al consigliere e alla
popolazione. Buto
25.05.1948
Se sono rose fioriranno,
ma per ora!!!!!!.
|
Ostruzione della strada
per le processioni |
Qui si narra le gesta
del signor Rossi Pluto
(nome e cognome
inventato), il quale
dopo aver bestemmiato in
faccia al parroco, aver
fatto in pubblico le
corna al parroco, e
sputare in terra ogni
qualvolta incontrava il
parroco ecc. ecc. giunse
spalleggiato dai
comproprietari della
strada per le
processioni a ostruirla
con tronchi di legno,
impedendo quindi che la
processione il giorno di
San Pietro passasse dove
per tradizione è sempre
passata.
E' il caso di dire che
senza un asino o più, la
fiera si fa lo stesso.
Così si è fatto in detta
circostanza e si farà in
avanti andando fino al
cimitero e ritornando
per la stessa strada
pubblica. Il Parroco e
il Consiglio
Parrocchiale prima di
cedere hanno fatto i
loro passi, ma invano
non essendovi
prescrizione per una
strada privata da parte
di un ente. Si unisce un
piccolo documento del
Maresciallo di Varese
che sta a comprovare
quanto detto sopra.
|
Restauri Chiesa |
Per conto del genio
civile - danni di
guerra. La Chiesa
parrocchiale è riparata
nelle seguenti parti:
revisione e rifacimento
parziale del tetto della
Chiesa, rifacimento
tegole del tetto
dell'abside e
ricopertura del coretto,
rifacimento delle
travature del tetto
dell'abside e della
sacrestia e nuova
ricopertura della
sacrestia con tegole
mentre prima era
ricoperta in ardesia.
Rimozione di un muro
spesso, gravante
sull'arco dell'abside,
che è stata migliorata
mediante una chiave
tirante; riparazione
delle profonde
screpolature dell'abside
e del coro; legatura del
coro alla sommità
mediante un cordolo di
cemento armato;
costruzione di uno
zoccolo sempre in
cemento armato alla base
del coro, ripulitura
delle pareti del coro;
intonacatura a zoccolo
all'esterno delle pareti
della chiesa, e completa
intonacatura attorno al
coro, all'abside e alla
sagrestia, dal lato
esterno; costruzione di
sei telai per finestre e
di cinque finestre tra
cui quella della
sagrestia. Detti lavori
ebbero inizio verso il
settembre 1956 e si
protrassero fino a verso
la festività dei Santi
con appendici fino a
Natale e oltre: ritocchi
finestre ecc.. La
consegna del documento
ebbe luogo poco prima
della Santa Pasqua 1957
Don Picetti
|
Luce elettrica a Buto |
Oggi, 23 novembre 1959,
è stata erogata la
corrente elettrica a
Buto. La pratica è stata
indicibilmente lunga e
complicata e si è
protratta con alterne
vicende e con vari
strascichi di cui si
sono fatti eco, a
ragione o a torto, anche
organi di informazione.
Del rifiuto delle schede
elettorali, poi
ricevute, si è
interessata anche radio
Strasburgo. Grosse
questioni per piccole
cose! Con l'aiuto del
Signore e data la poca
comodità per accedere
alla frazione, fu
possibile impedire agli
estremisti di
infiltrarsi. Il parroco
si è tenuto in posizione
prudente. Le spese per
l'impianto sono state
sostenute dal Ministero
dell'Agricoltura per
circa 5 milioni e mezzo,
l'amministrazione
comunale per un milione
e mezzo, la popolazione
con pali, buche e
manovalanza: il tutto
valutato a circa 1
milione ottocento mila
lire; inoltre tutti gli
utenti hanno versato
circa ventidue mila
lire. Il merito primo di
quest'opera, va
all'opera del
predecessore
dell'attuale parroco: a
Don Ovidio Foce, poi al
sindaco e
all'Amministrazione
Comunale, al Prefetto e
all'Ispettorato
forestale e infine alla
Cieli. A tutti il
parroco scriverà
ringraziando. Tra i
Parlamentari, è stata di
valido e decisivo aiuto
l'On. Gotelli.
Nel 1960/61 va segnalata
la costruzione
dell'edificio scolastico
(ormai ragazzi non ce ne
sono più).
Don Picetti.
|
Arrivo della strada di
Buto |
Il giorno 9 febbraio
1964 la strada
carrozzabile è giunta in
paese. Le difficoltà
furono molte.
L'amministrazione
provinciale provvide la
scavatrice, la
popolazione si prestò
lodevolmente. Il parroco
fu occupato
nell'appianare le
difficoltà e nello
svolgere le pratiche
necessarie. Tra le
persone più attive vanno
segnalati: Castaldo
Luigi e Prestero
Narciso, entrambi
residenti a Genova.
Don Picetti
|
Madonna Pellegrina a
Buto |
Lunedì mattina 23 agosto
1965 la statua della
Madonna Pellegrina -
Cuore Immacolato di
Maria, è stata portata
dal parroco con un
automezzo a Buto da
Costola ove in
precedenza si era svolta
la Missione Mariana.....
Don Picetti
|
Restauri della facciata
della chiesa |
In occasione del terzo
centenario
dall'istituzione della
Parrocchia si era
pensato di raccogliere
un'offerta tra gli ex
parrocchiani per
restaurare la facciata
della Chiesa. Le offerte
sono state in generale
generose, cosicché
nell'agosto 1965 è stato
finalmente possibile
iniziare i lavori. Nel
giorno 30 Novembre, i
lavori sono stati
compiuti. La facciata
verrà inaugurata per la
festa dell'Immacolata.
Don Picetti
|
Furto sacrilego in
chiesa |
Nel periodo che corre
dal 24 settembre all’8
ottobre 1967 certamente
di domenica mani furtive
certamente estranee alla
popolazione della
parrocchia hanno
asportato dalla
sacrestia una navicella
d’argento di pregevole
fattura e antica ed una
bacinella dell’acqua
benedetta . non manca
qualche concreto
indirizzo che sarà fatto
presente all’autorità
inquirente.
Don Picetti
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