Storia di Buto

 
 

Introduzione

La storia di Buto è stata scritta leggendo i seguenti libri:
Luna Boron Veleia, in atti e memorie di studi storici e archeologici, di Secondo U. Formentini, Piacenza 1955.
Relatione dell’origine et successi della terra di Varese, scritto dall'accademia Lunigiana di scienze Giovanni Capellini, descritta dall’abate Varesino Antonio

Cesena l'anno 1558.
Brugnato Città Abbaziale e Vescovile Documenti e notizie, di Placido Tomaini.
Val di Vara un grido, un canto, di Paolo De Nevi anno 1988.
Libro della chiesa le "MEMORIE" costituito nell'anno 1931 da Don. Casini Giovanni
Ricerche fatte nella biblioteca Vescovile di Sarzana.
Esistono libri parrocchiali dal 1658 al 1931 i quali riportano le nascite, i decessi e i matrimoni, ma non episodi o eventi storici.

   

Le origini

L’origine risale al tempo in cui i bizantini cercavano di arginare l’avanzata dei longobardi nel VI secolo. La nostra zona conserva molte tracce della presenza bizantina, che usufruendo dei porti di Luni e di Sestri Levante ha cercato di contrastare l’avanzata longobarda attestandosi sui contrafforti degli Appennini.
Esistono ancora chiese e cappelle dedicate a San Pantaleo e San Quirico, protettori dell’esercito bizantino: l’antica chiesa parrocchiale di Rocchetta Vara oggi chiesa cimiteriale e l’antica chiesa, ormai distrutta, di Teviggio dedicata a San Quirico.
Si può sostenere che in località Focetta, l'antica chiesa parrocchiale di Buto, oggi oratorio pubblico, fosse dedicata a San Pantaleo. Un anziano di Buto ricordava che i vecchi chiamavano la chiesa antica, oggi dedicata alla Madonna del Rosario, Chiesa "du Paleo", che certamente non vuol dire "Chiesa del Poggio" o dell’erba che nasce sul poggio, chiamata in dialetto "Paleo" ma San Pantaleo.
Che Buto fosse ottimo sito di difesa per i presidi bizantini, lo rivela pure un’altra località, similare al sito di Buto, Sassetta nello Zignago che fino agli anni settanta possedeva una testimonianza storica della presenza bizantina: la torre campanaria ottagonale, distrutta poi da un fulmine e non più ricostruita.
Nei secoli passati il fiume Vara (dall'antico Boron) abbondava "di moltissime pescagioni di grossi sagri, lamprede, di trote e saporitissime anguille", che servivano "a supplire ai bisogni di gran parte della Valle e dei marchesi Malaspina" che avevano "vicini i loro feudi": Buto di cui si fa memoria di una zona detta Castellaro apparteneva ai marchesi Malaspina.
Tale appartenenza rivela l'importanza strategica del paese nel contesto topografico feudale: da Caranza fini a Suvero i Malaspina, seguendo il progetto strategico dei bizantini, avevano istituito i punti di difesa per arginare l’attacco al loro feudo. Si ha memoria di beni appartenenti ai Malaspina nella zona di Buto attraverso il patto giuridico della mezzadria istituito nel 1500 ma che richiama la proprietà dei beni terrieri risalenti ai Malaspina attorno agli anni 1000.
 

   

Le strade

Dalle testimonianze scritte dall’abate Varesino Antonio Cesena nell'anno 1558, emerge che prima della strada San Pietro - Varese - Cento Croci (linea blu), esistevano due altri percorsi, il primo passante da Castelnovo di Salino (dove esisteva un castello con chiesa, ora distrutto, a levante di Salino, su un monte a destra del Vara) - San Pietro - Teviggio - Porciorasco - Caranza e Cento Croci, (linea verde) il secondo ancora più antico del precedente sarebbe venuto da Sestri Levante, attraverso Velva e Castello di Carro, Cavalanova (dove esiste una stazione con una chiesa denominata "Nostra Signora di Cavalanova" la più antica della Val di Vara), saliva per Buto Consigliato e giunti alla Focetta deviava a sinistra per Caranza, Albareto, Gotra, Borgottaro a destra per lo Zerasco. (linea Rossa).
 

   

Le Chiese

La chiesa alla Focetta certamente fu una delle famose "celle" dei Monaci Brugnatesi: luogo d’incontro di preghiera per i Monaci che si dedicavano al lavoro dei campi e insegnavano agli abitanti del luogo a coltivare i campi. Si ha notizia della chiesa di Buto intorno al 1200 come facente parte della diocesi di Brugnato. L’attuale chiesa parrocchiale di Buto era anticamente la cappella cimiteriale, dove venivano sepolti i defunti (nell’anno 1969 quando fu rifatto il pavimento della chiesa è stato possibile vedere l'ossario).
Verso la fine del 1600 la così come la possiamo osservare oggi.
La "cappella" era costituita dall'attuale zona dell'altare e della sacrestia e continuava con la parte cimiteriale (zona dalla balaustra in marmo fino alle colonne). Esisteva anche un piccolo con una sola campanella, attaccata al muro sinistro.
Successivamente la chiesa fu ampliata, venne costruita l'abside (con il coro ligneo). In tempi più recenti (fine del seicento) fu allargata e allungata la navata centrale con i due altari della Vergine e di San Pietro e la parte oltre le colonne con la balconata sopra la porta d'ingresso e la zona "battistero". Venne anche costruito il nuovo campanile staccato dalla chiesa. Dai libri della parrocchia risulta che le vecchie campane riportavano inciso l'anno MDCCCC (1900)
Inoltre le pietre nel campanile e sacrestia e nel vecchio campanile incorporato nell'attuale chiesa sono sicuramente state prese dalla zona Castellaro.
Abbiamo anche scoperto il campanile vecchio nella chiesa.

   

Dove era il centro di Buto?

Il Centro di Buto era certamente la Focetta/Lisorno perché punto di divaricazione delle strade per lo Zerasco e per Parma e dal punto di vista strategico difensivo il più nascosto e il più difendibile. Certamente l’economia agricola pretendeva altri punti di riferimento data la povertà del terreno e di conseguenza la richiesta di ampi spazi per poter produrre il necessario alla sopravvivenza. I cosiddetti fuochi (che stanno ad indicare la presenza delle famiglie) risultano distanziati nell’indicazioni a testimonianza della poca fertilità del terreno appenninico.
Gli attuali insediamenti : Foceiano Calazzini sono insediamenti più recenti

   

Buto nel contesto del sistema ecclesiastico lungo i secoli

Il sistema dell’organizzazione ecclesiastica "a pieve" aveva i suoi centri nelle chiese battesimali (pievi) matrici di una serie di chiese minori alle loro dipendenze (cappelle) che, nel tempo si trasformarono in parrocchie autonome.
L’origine di tale sistema è risalente al periodo precedente la dominazione longobarda in Italia. Le pievi comprese nella diocesi di Luni sono elencate in modo completo nel privilegio concesso da Papa Eugenio III al vescovo Gottifredo il giorno 11 novembre 1148, nel quale si legge (...... In quibus hec propriis nominibus Duximus exprimenda ......), probem di Robiana, probem de Cornia, Proben de Pignone, Problem Sancti Andree de Castello, Problem de Bolano.
Nel 1276 Le stesse pievi sono ricordate nella "Rationes delle decime pro subsidio Terre Sancte", relative alla prima e seconda paga del secondo anno (1276); la probem di Robiana, che riporterà la nostra zona, sarà descritta solo nel 1296-1297:
Pieve de Robiana
Cappella de Clusula
Cappella de Tivello
Cappella de Costula
Cappella de Casali
Cappella de Rio
Nel 1451 Nel più antico Estimo delle chiese del Vescovato di Brugnato, compilato in quell'anno, si legge che l'Ecclesia sancti Petri de Buti era obbligata a pagare al vescovo un canone annuo cattedratico di due lire.
Nel 1470-71 la cappella di Buto fu annoverata fra le cappelle tributarie della pieve di Robiano, che non appartenne mai alla diocesi di Luni-Sarzana.
In un sinodo tenuto il 24 maggio nella Cattedrale di Sarzana, venne istituito l’obbligo di un sussidio caritativo destinato all’episcopato, pari al 50% del valore dei beni di ciascuna Cappella. La riscossione del caritativo fu fissato in due rate uguali, da pagare entro giugno e ottobre di quell’anno; venne infine imposto un secondo identico tributo per l’anno 1472.
Negli estimi sono citati:
Pieve de Robiano
Cappella de Chiusola Libbre 6 soldi 10
Cappella de Tivello Libbre 8 soldi 10
Cappella de Costula Libbre 3
Cappella de Casale Libbre 6
Cappella de Rio Libbre 3
Cappella de Bu Libbre 3
Cappella de Cavalanove Libbre 1
Nel 1518 San Pietro di Buto era già unita a quella di Costola. Quantunque sia nominata cappella in molte relazioni di visite pastorali ed in altri documenti, noi pensiamo che, durante la sua unione a Costola, non abbia perso la sua prerogativa di parrocchia, perché presente negli atti della visita pastorale del vescovo Francesco Mottini.
Nel 1616 è detta "chiesa parrocchiale sotto il titolo di San Pietro apostolo de Buto annessa alla chiesa parrocchiale di Costola". Quindi Buto e Costola dovevano essere due parrocchie rette da un solo parroco. Tale unione non poteva continuare senza danno spirituale per Buto, perché il rettore non si portava quasi mai a celebrare in Buto.
Nel 1627 il vescovo Francesco Spinola ordinò che il rettore una volta al mese in giorno festivo, inoltre nelle seconde feste di Natale, Pasqua e Pentecoste e nel giorno seguente la commemorazione dei fedeli defunti si recasse a celebrare in Buto, ove si trovavano persone vecchie ed inabili a portarsi in Costola.
Nel 1657 - Gli abitanti di Buto dovevano recarsi quindi a Costola per adempiere ai loro doveri religiosi, ma poiché la distanza era oltre due miglia, con due torrenti frammezzo ed essendo per tali cose troppo grave e difficile alla gente di Buto adempiere a tali doveri religiosi, espressero al Vescovo il desiderio di avere un Rettore a Buto.
Assegnarono quindi un patrimonio alla chiesa di Buto composto da alcuni beni immobili, per il mantenimento del Rettore con due atti: uno del notaio Gandolfo in data 22/5/1657 e uno del cancelliere vescovile in data 6/6/1657.
Il decreto (ATTO ESISTENTE PRESSO LA CANCELLERIA VESCOVILE DI LUNI SARZANA BRUGNATO) di smembramento della chiesa di Buto da quella di Costola è datato 15/6/1657 e fu firmato dal Vescovo M. Giovanni Battista Paggi.
La chiesa di Costola nella persona del suo Rettore pro-tempore si riservava i redditi certi della chiesa di Buto. Morto lui o rinunciando egli al rettorato di Costola, tali redditi saranno devoluti alla parrocchia di Buto.
E fin tanto che vivrà l’attuale Rettore di Costola e non rinuncerà alla Parrocchia, quelli di Buto dovranno dare:
quattro cappellate di castagne secche per fuoco;
il giorno di S. Vincenzo daranno al Rettore pro-tempore una libbra di candele di cera;
il Rettore pro-tempore di Buto dovrà intervenire a detta solennità e se occorresse altro sacerdote a Buto si dovrà chiamare quello di Costola.
Il Rettore di Buto sarà votato dagli uomini di Buto e verà eletto quello che riporterà il maggior numero di voti.

 

Nasce Internet a Buto

L'idea nasce nell'agosto 1999, da De Mattei Leandro, De Mattei Aurora e Basso Luciana, dal desiderio di far conoscere sempre di più questo magnifico paesino, così il 20 ottobre 1999 nasce il sito "Buto on Line", (www.buto.it) coinvolgendo anche altre persone, il resto è storia attuale.

 

Curiosità

Sono riportati solo i più significativi episodi, presi dal libro parrocchiale "MEMORIE" testo nell'anno 1931 da Don. Giovanni Casini.
Si è deciso di riportare gli eventi descritti nel libro senza modificare il contenuto, quindi il testo sotto riportato è quello scritto dai parroci di Buto.
Nel 1930 il Sac. Bertoni lasciò la parrocchia di Buto poiché era stato nominato canonico e Parroco della cattedrale di Brugnato divenne Parroco di Buto Don Casini che continuerà a scrivere le "MEMORIE" iniziate da Don Bertoni e continuate dai suoi successori.
Durante il periodo di Don Bertoni (1915-1930) furono venduti alcuni appezzamenti di terra del Beneficio Parrocchiale situati verso la Focetta ed acquistata la casa con orto annesso, vicini alla Chiesa, ove fu adattata, con ampliamento, la Canonica, nella quale il Bertoni, malgrado varie contrarietà espressa dagli abitanti di Lisorno e di Consigliato, venne ad abitare nel 1925 circa. Sempre durante il suo periodo la Parrocchia di Buto fu elevata a Prevostura con decreto vescovile datato 20/11/1923 e fu messa la lapide alla facciata della Chiesa (ora nel cimitero), in memoria dei Butesi caduti nella guerra 1915/18.
 

1931
L'ampliamento del camposanto

Se affermo subito che il camposanto di Buto, nel 1931, era in condizioni deplorevolissime sotto ogni aspetto, religioso, civile ed igienico, mi si dirà che sono esagerato ma non me ne importa proprio un bel nulla. La verità è questa: a me dà ragione il mio predecessore, il quale aveva curato (parlo di Don Bertoni) il restauro e l'ampliamento, mediante un preventivo, fatto da competente in materia. Ma il preventivo giaceva negli uffici del Comune di Varese Ligure! Senza, pertanto, occuparmi degli studi, volli scendere subito ai fatti; e la domenica successiva alla mia venuta dissi al popolo che il camposanto doveva essere ad ogni costo, messo in ordine. Ne parlai al Podestà di Varese Ligure, Dott. Ceresola, il quale approvò il mio progetto, e stabilì un sussidio di 4 mila lire, che poi portò a 5, e finalmente a 6 mila.
Di ostacolo era prima di tutto la parte del terreno per l'ampliamento. Mi fu facile trovarlo scavando per oltre 4 metri il monte adiacente al muro di cinta di faccia al cancello d'ingresso.
Tale tratto era infruttifero: bastava atterrare qualche pianta di castagno. E il giorno 13 Settembre 1932 cominciai i lavori, chiamando il popolo a raccolta e domandando la sua prestazione d'opera gratuita. Io per il primo adoperai il picco e la zappa! Gli altri mi seguirono. Il lavoro fu lungo e faticoso. Venne fatto a turno e a più riprese. Finché, trovato lo spazio, la domenica 2 ottobre 1932 si poté porre la prima pietra, solennemente e presente tutto il popolo, nel punto in cui oggi sorge l'altare della Cappella. Sotto la prima pietra fu posta la pergamena, entro il tubo di piombo, con la dicitura seguente : "Sedendo Pio Papa XI, Re D'Italia Vittorio Emanuele III, Vescovo di Luni Mons. Giovanni Costantini, Podestà di Varese Ligure Dott. Ceresola Presidente della fabbriceria Visca Giobatta, il Parroco di Buto Don Giovanni Casini benediceva oggi 2 ottobre 1932, ERA FASCISTA anno X, la prima pietra della cappella e dell'ampliamento del cimitero concorrendo il Comune e la mano d'opera dei seguenti popolani, maestro muratore Ghiorzo Domenico (seguono i nomi di tutti i popolani)".
Il vecchio camposanto, irriconoscibile anche dal lato estetico non aveva nè Cappella nè Ossario. Volli che sorgesse la Cappella e l'ossario, al lato sinistro del quale (entrando) feci costruire due tombe per sacerdoti. Curai che tutti i defunti quivi già tumulati avessero ognuno una croce uguale tinta in nero, con annessa targhetta di ottone, ove feci incidere, tutto a mie spese, il nome, cognome, anno di nascita e anno di morte del defunto, e riparai e misi in luogo ordinato le lapidi marmoree, ridotte in pessimo stato. Non riuscii a delineare il luogo ove era stato sepolto il mio predecessore Don Taramaschi, che ne avrei curata la tumulazione in Cappella, apponendovi un marmo in ricordo delle sue benemerenze. Giova qui fare rilevare che le tombe per sacerdoti si aprono togliendo da contro il muro in corum Evangelii un pezzo di pavimento (circa 60 centimetri) pavimento che poi può essere supplito col marmo su cui viene inciso il nome del Sacerdote quivi sepolto. Da notare altresì che ho curato, in ordine alle prescrizioni liturgiche che l'altare fosse murato sul duro, e fuori dal perimetro dell'ossario. L'altare stesso è in cemento armato, e costruito da mio fratello Luigi e da suo figlio Alberto Casini. Curai inoltre che il cimitero avesse anche un po’ d'estetica e non si verificasse il fatto doloroso di vedere tutti calpestare le tombe: per cui lo ordinai con quattro vialetti, oltre il viale centrale.
Al vecchio camposanto si accedeva mediante una scala di pietra ormai impraticabile. Disfeci la scala e posi cura che venisse aperta una strada a doppia rampa, tenuta dal muro di cinta in pietra. Il muro fu fatto, e vi fu messa la croce, nel giorno 3 maggio 1933, Incisione della Santa Croce, da tutto il popolo. Non esisteva memoria che il vecchio camposanto fosse benedetto col rito della chiesa. Posi opera perché questa benedizione avvenisse il 24 giugno 1933, per mano di Mons. Giovanni Costantini presenti il podestà di Varese Ligure, il Segretario Comunale, e tutte le altre autorità religiose, militari e politiche di Varese e di San Pietro Vara, nonché il rappresentante del Prefetto di La Spezia nella persona del Suo Capo di Gabinetto, e i parroci di Rio, Groppo e Teviggio. La funzione fu fatta in rito Pontificale, presente tutto il popolo, la mattina del 24 detto, alle ore 11.
24 Giugno 1933 Don Giovanni Casini

 

La fusione delle cinque campane

Il vecchio concerto, fuso nel 1900 dalla ditta Capanni, del peso complessivo di 14 quintali, era di 4 campane: la maggiore, rotta. Si parlava già di un nuovo concerto; ma erano voci vaghe, inconcludenti. Lasciai trascorrere un po’ di tempo, e finalmente nella seduta di Fabbriceria del giorno 8 gennaio 1933, feci la proposta. La Fabbriceria era composta come appresso: Visca Gio Batta presidente, Epidendio Emilio, tesoriere; Lompi Giuseppe, Segretario; Biasotti Carlo e Pietronave Antonio, membri. Perché il popolo fosse maggiormente rappresentato, vennero aggiunti ai Fabbriceri: De Mattei Gio Batta, Ghiorzo Domenico, Basso Amedeo e Montelli Luigi. Il Montelli non accettò l'incarico di far parte della Commissione, e fu sostituito subito da Calisto Vittorio. Bandito il concorso furono avanzate la domande dalle ditte: Achille Mazzola di Valduggia (Vercelli), Francesco Picasso di Recco, Francesco e Matteo Picasso di Avegno, Luigi Magni di Lucca, Paolo Capanni di Castelnuovo Monti (Reggio Emilia), Enrico Picasso e Francesco di Avegno, al quale ultimo fu affidata la fusione del concerto di 5 campane in RE: fusione da farsi a Buto entro il 24 maggio 1933. Sta il fatto che la ditta, per varie ragioni e combinazioni, che qui non voglio illustrare e commentare, fece il concerto in RE bemolle maggiore del peso complessivo di oltre 40 quintali! D'onde le varie discussioni che possono leggersi nel quaderno dei verbali da me vergati ogni volta che si tenevano le sedute della Commissione. La fusione, ripeto, avvenne, per contratto da me firmato, a Buto, sulla pubblica piazza, dinanzi alla chiesa ove fu scavato il forno e la fossa presso il muro, anzi il ciglione delle piane a sinistra. Avevo vagheggiato l'idea di fondere con il bronzo dei cannoni residui di guerra; e a tale scopo ne scrissi al capo del Governo, Benito Mussolini, facendo firmare tutta la popolazione ed interessando lo stesso Prefetto della Spezia On. Russo; ma dal Ministero della Guerra, per ben due volte mi fu risposto che, mentre si lodava l'idea della fusione delle campane (una delle quali volli conservare alla memoria dei Butesi caduti in guerra), si era dispiacenti perché il materiale bellico era ormai esaurito. Per cui dovemmo acquistare a Genova e a Sampierdarena tutto il materiale necessario , che fu portato a spalla dal Pino a Buto da tutti i popolani, grandi e piccoli, uomini e donne, in una gara sorprendente e ….. commovente! Anche i ceppi delle campane furono portate a spalla dal Pino a Buto in una mattina festiva. Il ceppo della campana maggiore fu portato da circa 25 uomini, tutto un pezzo!!
La fusione avvenne sulla metà di luglio 1933, presente tutto il popolo che si attardò in piazza fino alla 1 dopo mezzanotte, ora in cui avvenne la seconda fusione, mentre la prima (le due campane maggiori) fu fatta la sera precedente circa le undici.
Difetto di fusione, imperizia dei fonditori, non so: è certo che le forme delle due campane maggiori, gettandovi il metallo fiammante, cedettero: e non avvennero disgrazie provvidenzialmente. Ma il colpo fu forte !!
Le iscrizioni, che feci porre sulle nuove campane, sono le seguenti:
1.ma Campana = Jesu Christo Redemptori dicatum - Anus Jubilaei a Pio Papa XI indicto MCMXXXIII - Propter nostram salutem passus Populus Buti fecit.
(dedicata a Gesù Redentore anno del giulileo in detto da Papa Pio XI 1933 - Ha sofferto per la nostra salvezza - Il popolo di Buto fece)

2.da Campana = Divo Petro Apostolo dicatum - Ad maiorem Dei gloriam - A.R.S. MCMXXXIII - Tu es Cristus Filius Dei vivi.
(dedicata al divino San Pietro Apostolo - Alla maggior gloria di Dio. A.R.S. "Anno della Redenzione del Signore" 1933 - Tu sei il figlio del Dio vivente)

3.za Campana = Divo Georgio Martiri dicatum - Ad maiorem Dei gloriam - A.R.S. MCMXXXIII (e sotto lo stemma sabaudo e del littorio) Italicae gentis Roege Vittorio Emanuele III - Duce Benito Mussolini. Quo dintius latinesque corum nomen gloriusque personent. Qui pro patriae salute. Fortites pugnantes bellico aevo fructi. D. G. C. (seguono i nomi dei caduti).
(dedicata al divino martire Giorgio - A maggior gloria di Dio A.R.S. 1933 - Vittorio Emanuele III re dell'Italiche genti - Duce Benito Mussolini - Facciamo risuonare il nome e la gloria di coloro che morirono in guerra per la salute della patria - Don Giovanni Casini e seguono i nomi dei caduti).

4.ta Campana = Beatae Mariae virgini sub titulo regina pacis. Ad maioreme Dei gloriam - A.R.S. MCMXXXIII Ad peste, fame et bello - libera nos domininum.
(Beata Maria Vergine sotto il titolo di Regina della Pace - A maggior gloria di Dio A.R.S. 1933 - Dalla peste, fame e guerra liberaci o Signore)

5.ta Campana = Divo Ioanni Baptistae Preecur domini Ad maiorem Dei gloriam A.R.S. MCMXXXIII - vocabitum nomen cuius Joannes.
(Al Divino Giovanni Battista precursore del Signore - A maggior gloria a Dio. A.R.S. 1933 - Sarà chiamato Giovanni)
Per la inaugurazione solenne e la relativa benedizione delle campane erano stati già invitati da me ed avevano promesso il loro intervento, il prefetto On. Russo, le autorità politiche, militari, fasciste e civili di La Spezia e di Varese. Ma per la ritardata fusione e anche perché si volle, contro la mia volontà porre le campane sul campanile il giorno 5 agosto senza lasciare tempo a me parroco di interessarmi presso le autorità sopraddette, la cerimonia così solenne, da me vagheggiata anche per trarne occasione di giovare, per l'avvenire al popolo Butese, non poté avere luogo. Di ciò me ne dolsi pubblicamente, anche per smentire certe voci che correvano e si facevano correre contro di me dai soliti, i quali, per atavismo, tengono per sistema di intralciare l'opera del parroco, pure (falsi e vili!) circondano il parroco di complimenti. Ho detto per atavismo, perché, da voci raccolte e da documenti trovati in archivio, o i medesimi o i figli loro, osteggiarono i miei predecessori Don Taramaschi, Don Belli, Don Callegari e lo stesso Don Bertoni. D'altronde, io non potevo permettere che si ponesse sul campanile un concerto di campane che per me concerto non era, se prima non lo avesse collaudato un competente maestro di musica, e se i fonditori non dichiaravano in iscritto che le due campane maggiori avevano imperfezioni visibili di fusione, e che si era dovuto togliere dalle medesime, a scalpellate, parecchio metallo. Dovevo, in pari tempo tutelare gli interessi della parrocchia, non quelli di una Ditta, contrariamente alla ubriacatura ed all'entusiasmo di chi dalla stessa Ditta e da altri erano stati montati per il momento. Trascorsi, invero, giorni difficili e dolorosi; ma offrii al Signore tante pene, nella speranza che i delusi avessero finalmente riconosciute le mie ragioni: ciò che avvenne a distanza di vari mesi. "Col tempo e colla voglia, si maturano le sorte e la canaglia", dice un proverbio toscano; e sentii in pubblica piazza chi affermò che il Prevosto diceva bene, quando non voleva che si portassero lassù in campanile le campane.
Neppure Mon. Vescovo Costantini, trovandosi altrove in Visita Pastorale, potè presenziare la cerimonia inaugurale. Ne ebbi io l'autorizzazione di benedire sollennemente le campane. Ecco come descrivevano la cerimonia i giornali - "Avvenire d’Italia" "Giornale d’Italia", "Liguria del popolo" e "Nuovo Cittadino di Genova": Quello che poteva essere, ed era, un sogno, è stato ieri la realtà più viva: la parrocchia di Buto di Varese Ligure, a pochi giorni di distanza dall’inaugurazione solenne del cimitero, ha esultato allo squillo di cinque nuove campane, fuse a Buto Stessa (settecento metri sul livello del mare) dalla ditta Picasso Enrico e figli di Avegno (Genova). Le campane pesano complessivamente oltre quaranta quintali: la prima è dedicata a CRISTO REDENTORE in ricordo dell’anno santo: la seconda a SAN PIETRO APOSTOLO titolare della parrocchia; terza a SAN GIORGIO MARTIRE e porta intrecciati lo stemma sabaudo e del littorio con la seguente iscrizione (e viene citata); la quarta alla VERGINE sotto il titolo Regina pacis; la quinta a SAN GIOVANNI BATTISTA patrono della Liguria. La benedizione liturgica solenne è stata data, per autorizzazione di Mon. Costantini impossibilitato avenire per ragioni di ministero, dal nostro parroco Don Giovanni Casini, assistito dal vicario foraneo Don Ismaele Ghio, prevosto di Teviggio. Il podestà di Varese Ligure Dott. Ceresola occupato altrove si è scusato con una bella lettera diretta al Prevosto. Alla cerimonia, oltre il popolo, e molti dei paesi vicini, erano presenti i balilla e le piccole italiane di Buto e le vedove e gli orfani di guerra ex combattenti, fabbriceri e Commissione per le nuove campane. Fungeva da padrino il Sig. Giobatta Visca presidente della fabbriceria; per la campana dei caduti il sig. Martinez Giovanni appuntato dei RR.CC.: da madrina per dette campane la Sig. Maddalena Casini, madre del nostro Prevosto. Molte bandiere tricolori pendevano dalla torre campanaria. Per la circostanza era stato eretto in piazza un’altare sul cui sfondo, tra bandiere e gli stemmi pontificio, di casa Savoia, del Littorio, di Mon. Vescoso Costantini e del Comune di Varese Ligure, si leggeva la seguente epigrafe "squillate o nuovi bronzi - benedetti da dio - e ridite alle genti - la gloria del signore - l’eroismo dei nostri prodi - l’entusiasmo di Buto - che vi volle segni d’amore - per la religione e per la Patria".
Compiuta appena la benedizione liturgica un coro di fanciulle di Buto ha cantato CRISTOS VIVEIT, seguito dalle acclamazioni al sommo Pontefice, al Re, al Duce, al Vescovo; e dall’inno - Cristo resusciti nei nostri cuori. Don Casini, visibilmente commosso, ha pronunciato il discorso inaugurale, spiegando il significato delle campane e i loro fini, e proponendo l’invio in pari tempo di indirizzi al Papa, al Sovrano, al Duce, al Mon. Vescovo, al Prefetto della Provincia: indirizzi che hanno riscosso l’approvazione comune. Durante il suono festivo delle nuove campane è stato cantato in piazza il TE DEUM solenne e a voce di popolo. "Così i giornali". Gli indirizzi e le relative risposte si trovano in Archivi Parrocchiali.
Sempre a proposito di fusione di campane voglio segnare qui, per la storia, il peso del metallo posto nel forno prima della fusione.
1.ma fonditura (2 campane grosse) bronzo nuovo kg 1400, cioè rame kg 1092 stagno kg 308, totale kg 1400. Vecchio kg 1400: totale 2800. Le campane fu affermato dai tornitori, peseranno kg 22400 e cioè la prima campana kg 1280 la seconda kg 960.
2.da fornitura (le altre tre campane) bronzo nuovo kg 1000 cioè rame kg 780 stagno kg 220 totale 1000. Vecchio kg 6000 = totale 16 quintali. Le campane, sempre secondo i tornitori, peseranno quintali 16,520.
Totale dell’intero concerto quintali 38,920 il difetto di fusione, invece, fece sorpassare il peso di 40 quintali. A questo va aggiunto il peso dei ceppi, forniti come da fattura, della ditta Williams e Trebino di Uscio (Genova). I tre ceppi delle prime tre campane (per le altre due furono usati i ceppi delle vecchie) kg 1.765: i due batacchi delle campane maggiori pesano kg 41 gli altri tre batacchi sono quelli delle vecchie campane.
Così sul campanile furono trasportate e sono ben settanta quintali circa di materiale. La somma complessiva delle spese per le campane e per il nuovo cimitero, oltrepassano le 40 mila lire; senza contare che il popolo di Buto, complessivamente ha dato gratuite ben 1327 giornate di lavoro!! Come risulta da nota dettagliata dell'Archivio Parrocchiale.
Le vecchie campane erano 4 e portavano le diciture:
1.ma: Tu es Christus Filius Dei vivi - Populus Buti hoc fecit. Heuricus Capanni cum Filio Paulo fecerunt A.D. MDCCCC.
(Tu sei Cristo figlio vivente di Dio - Il popolo di Buto qui fece. Enrico Capanni e figlio fecero - Anno domini 1900)

2.da: Et tibi dato claves regni coelorum. Capanni etc.
(E ti darò la chiave del regno celeste - Capanni etc.)

3.za: Angelus Domini ….. Mariae . Capanni etc.
(L'Angelo del Signore annunciò a Maria - Capanni etc.)

4.ta: Pro salute nostra me misit. Capanni etc.
(Per la nostra salute - Capanni etc.)

 

Le seconde campane in Re Maggiore

Nel 1933 si era fuso in parrocchia un concerto in re maggiore dalla ditta Picasso Enrico e figli. Il concerto di mole mastodontico riuscì male e lasciò alla parrocchia quasi 30.000 lire di debito, la lite con la ditta e discordia in paese. La lite dopo una prima sentenza del tribunale che ametteva la corrispondenza tra la ditta e fabbriceria si concludeva amichevolmente nell'ottobre 1938 a Varese Ligure con il versamento di lire 2.000 della fabbriceria alla ditta inveceo di lire 6.000.
In questa occasione il parroco e il fabbricere sig. Biasotti Giovanni che si erano recati a Varese Ligure per l'aggiustamento della lite venne proposta l'idea della rifusione del concerto.
Il parroco e la fabbriceria nominarono in seduta la proposta e visto che era l'unico mezzo per riparare l'errore fatto dalla Ditta Picasso e per alleggerire i debiti determinarono di radunare i capi famiglia per sentire la loro opinione circa la rifusione del concerto. Le opinioni furono discordi e allora il Parroco mandò ad ogni singola famiglia una lettere così concepita "Io sottoscritto mi dichiaro contento che sia rifuso il concerto fuso dalla ditta Picasso purché non sia inferiore il nuovo al peso di 26 quintali" da firmarsi. Eccetto uno tutti firmarono. Senza perdere tempo, il Parroco interrogò alcune ditte, per la rifusione del concerto per vedere quale fosse la migliore offerente dato che 16 quintali di metallo dovevano rimanere alla ditta fonditrice. La ditta prescelta fu la ditta Capanni Paolo di Castelnuovo Né Monti (prov. di Reggio Emilia). La ditta si obbligò al trasporto del nuovo e del vecchio concerto dalla parrocchia alla fonderia e viceversa; al versamento di lire 10.750 alla chiesa e di dare un concerto in mi bemolle maggiore del peso di 26 quintali. Il vecchio concerto fu portato via in maggio 1940 e fu riportato il 24 giugno 1940 al Pino. La popolazione in due giorni con l'aiuto di due paia di buoi le trasportò sopra un carro a quattro ruote tra grande entusiasmo. Il 14 luglio 1940 il vescovo in occasione della visita pastorale solennemente alle ore 12 legali presente tutta la popolazione le benediceva. Il 24 agosto 1940 venivano poste sul campanile. Così felicemente si riparava un errore che aveva messo sottosopra il Paese e aggravato di un debito non indifferente la chiesa.
Don Maggiani Aldo 1940
 

Pratica luce

Costante premura di chi tramanda queste notizie, come dei suoi predecessori, fu quella di portare la luce a Buto. Riprendendo la pratica dell’economo Don Raffaele Calindo, parroco di Costola, il quale aveva ottenuto un preventivo di lire 246.000 per tutta la zona di Buto nel 1946.
Il sottoscritto nei primi giorni del 1947 dopo aver radunato il consiglio parrocchiale e la popolazione, vista l’avversità posta dalla popolazione di Lisorno - Consigliato, pensò di fare eseguire un altro preventivo per la zona più favorevole (Costa dei Lazzini, Chiesa Foce con allacciamento a Costola ) nella speranza di ottenere una spesa minore, e pensando che in seguito si sarebbero allacciati anche i contrari. La bomba scoppiò quando la società Cieli comunicò il preventivo ristretto: Lire 270.000. Questo aumento alla distanza di pochi mesi mandò all’aria tutto. La popolazione di Buto deve ripetere, il mea culpa, per non aver approfittato di tante altre precedenti occasioni e Dio non voglia che non ne riesca mai più.

 

Anno 1948

Origine del C.R.A.L - a Buto - per avversità contro l’osteria e la Chiesa è sorto ai primi di quest’anno il circolo che si trova a pochi metri dalla Chiesa. Esso fu organizzato dai soliti capoccia avversari irriducibili del Parroco. Egli fece i suoi passi più che altro a che si impedisse l'erezione presso la Chiesa e perciò inviò la seguente lettera all’Enal: spett. Direz. Enal - La Spezia mi risulta che la gioventù di questo paese ha chiesto l’autorizzazione a codesto ente per costituire un circolo Cral a Buto.
Il sottoscritto non è contrario a tale intendimento. Solo si oppone a che venga istituito detto circolo a pochi passi dalla chiesa parrocchiale nella casa DE MATTEI. Da notare che sulla stessa strada a distanza regolamentare esiste già un’osteria.
Ciò faccio presente non per spirito di parte ma perché conosco ciò che si propongono gli organizzatori e per la troppo vicinanza alla chiesa, con conseguenti schiamazzi per le funzioni parrocchiali.
D'altra parte detto circolo potrebbe stare benissimo altrove.
Nella speranza che vengano accettati i miei suggerimenti, porgo rispettosi ossequi e attendo una risposta Sacerdote Ovidio Foce. Non valsero nè lo scritto nè i passi fatti all'Enal e in Questura.
La ragione è che in tempo di democrazia ogni iniziativa è libera e così Buto ha il suo CRAL, ritrovo dei più rossi e scalmanati di tutto il paese.

 

Progetto strada Buto

La popolazione ed il parroco di Buto, avendo saputo di un progettato tronco stradale tra Macchia - Costola - Teviggio ecc.. hanno provveduto a far pervenire agli on. Guerrieri e Gotelli, il seguente Esposto:
Pregiatissimi On. Guerrieri e Gotelli
Il sottoscritto parroco di Buto interpretando i desideri del consigliere e della popolazione di questo paese a riguardo del progettato tronco stradale Macchia - Costola - Teviggio ecc.., considerato che con tale progetto verrebbe escluso completamente il paese di Buto e nello stesso tempo rimarrebbe tronco morto la strada che congiunge Groppo alla provinciale, per valorizzare meglio questa zona, anche a scopo turistico per le bellezze naturali del Gottero, fa istanza perché venga proseguita la strada di Groppo per Buto - Teviggio ecc. con diramazione in un punto X per Costola - Macchia. Progetto questo un po’ arduo ma che reca notevoli benefici in una zona già troppo trascurata e povera in sè stessa.
Nella fiduciosa attesa che vengano presi in considerazione questi suggerimenti, il parroco si sottoscrive insieme al consigliere e alla popolazione. Buto 25.05.1948
Se sono rose fioriranno, ma per ora!!!!!!.
 

Ostruzione della strada per le processioni

Qui si narra le gesta del signor Rossi Pluto (nome e cognome inventato), il quale dopo aver bestemmiato in faccia al parroco, aver fatto in pubblico le corna al parroco, e sputare in terra ogni qualvolta incontrava il parroco ecc. ecc. giunse spalleggiato dai comproprietari della strada per le processioni a ostruirla con tronchi di legno, impedendo quindi che la processione il giorno di San Pietro passasse dove per tradizione è sempre passata.
E' il caso di dire che senza un asino o più, la fiera si fa lo stesso. Così si è fatto in detta circostanza e si farà in avanti andando fino al cimitero e ritornando per la stessa strada pubblica. Il Parroco e il Consiglio Parrocchiale prima di cedere hanno fatto i loro passi, ma invano non essendovi prescrizione per una strada privata da parte di un ente. Si unisce un piccolo documento del Maresciallo di Varese che sta a comprovare quanto detto sopra.
 

Restauri Chiesa

Per conto del genio civile - danni di guerra. La Chiesa parrocchiale è riparata nelle seguenti parti: revisione e rifacimento parziale del tetto della Chiesa, rifacimento tegole del tetto dell'abside e ricopertura del coretto, rifacimento delle travature del tetto dell'abside e della sacrestia e nuova ricopertura della sacrestia con tegole mentre prima era ricoperta in ardesia. Rimozione di un muro spesso, gravante sull'arco dell'abside, che è stata migliorata mediante una chiave tirante; riparazione delle profonde screpolature dell'abside e del coro; legatura del coro alla sommità mediante un cordolo di cemento armato; costruzione di uno zoccolo sempre in cemento armato alla base del coro, ripulitura delle pareti del coro; intonacatura a zoccolo all'esterno delle pareti della chiesa, e completa intonacatura attorno al coro, all'abside e alla sagrestia, dal lato esterno; costruzione di sei telai per finestre e di cinque finestre tra cui quella della sagrestia. Detti lavori ebbero inizio verso il settembre 1956 e si protrassero fino a verso la festività dei Santi con appendici fino a Natale e oltre: ritocchi finestre ecc.. La consegna del documento ebbe luogo poco prima della Santa Pasqua 1957 Don Picetti

 

Luce elettrica a Buto

Oggi, 23 novembre 1959, è stata erogata la corrente elettrica a Buto. La pratica è stata indicibilmente lunga e complicata e si è protratta con alterne vicende e con vari strascichi di cui si sono fatti eco, a ragione o a torto, anche organi di informazione. Del rifiuto delle schede elettorali, poi ricevute, si è interessata anche radio Strasburgo. Grosse questioni per piccole cose! Con l'aiuto del Signore e data la poca comodità per accedere alla frazione, fu possibile impedire agli estremisti di infiltrarsi. Il parroco si è tenuto in posizione prudente. Le spese per l'impianto sono state sostenute dal Ministero dell'Agricoltura per circa 5 milioni e mezzo, l'amministrazione comunale per un milione e mezzo, la popolazione con pali, buche e manovalanza: il tutto valutato a circa 1 milione ottocento mila lire; inoltre tutti gli utenti hanno versato circa ventidue mila lire. Il merito primo di quest'opera, va all'opera del predecessore dell'attuale parroco: a Don Ovidio Foce, poi al sindaco e all'Amministrazione Comunale, al Prefetto e all'Ispettorato forestale e infine alla Cieli. A tutti il parroco scriverà ringraziando. Tra i Parlamentari, è stata di valido e decisivo aiuto l'On. Gotelli.
Nel 1960/61 va segnalata la costruzione dell'edificio scolastico (ormai ragazzi non ce ne sono più).
Don Picetti.

 

Arrivo della strada di Buto

Il giorno 9 febbraio 1964 la strada carrozzabile è giunta in paese. Le difficoltà furono molte. L'amministrazione provinciale provvide la scavatrice, la popolazione si prestò lodevolmente. Il parroco fu occupato nell'appianare le difficoltà e nello svolgere le pratiche necessarie. Tra le persone più attive vanno segnalati: Castaldo Luigi e Prestero Narciso, entrambi residenti a Genova.
Don Picetti

 

Madonna Pellegrina a Buto

Lunedì mattina 23 agosto 1965 la statua della Madonna Pellegrina - Cuore Immacolato di Maria, è stata portata dal parroco con un automezzo a Buto da Costola ove in precedenza si era svolta la Missione Mariana.....
Don Picetti

 

Restauri della facciata della chiesa

In occasione del terzo centenario dall'istituzione della Parrocchia si era pensato di raccogliere un'offerta tra gli ex parrocchiani per restaurare la facciata della Chiesa. Le offerte sono state in generale generose, cosicché nell'agosto 1965 è stato finalmente possibile iniziare i lavori. Nel giorno 30 Novembre, i lavori sono stati compiuti. La facciata verrà inaugurata per la festa dell'Immacolata.
Don Picetti

 

Furto sacrilego in chiesa

Nel periodo che corre dal 24 settembre all’8 ottobre 1967 certamente di domenica mani furtive certamente estranee alla popolazione della parrocchia hanno asportato dalla sacrestia una navicella d’argento di pregevole fattura e antica ed una bacinella dell’acqua benedetta . non manca qualche concreto indirizzo che sarà fatto presente all’autorità inquirente.
Don Picetti

 

 

 

 

 

  


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