A
cavallo degli anni
sessanta/settanta,la tanto
sospirata strada carrabile ha
raggiunto il paese di Buto. Il
percorso non ha seguito il
tracciato tradizionale che,
dalla rete stradale lungo il
fiume Vara, saliva al paese da
sud a nord ma, partendo dal
Ponte della Macchia, ha
attraversato Costola e raggiunto
Buto da Nord-Ovest.
Quest’opera, importante per quei
tempi, si sviluppa per oltre 10
Km., salendo dal livello del
fiume sino ai 700 slm. del paese
e, come purtroppo sembra
d’obbligo in ogni grande opera,
ha richiesto il sacrificio di
una vita umana. Un
conosciutissimo e rimpianto
abitante di Costola, è vittima
di una frana durante i lavori.
Non è qui il caso di ricordare
le alterne vicende che,
nonostante l’impegno del
Comitato allora esistente
proprio per promuovere l’opera,
in particolare di alcuni paesani
e paesane e l’aiuto portato de
Don Perinetti appena giunto al
paese, hanno in più momenti
rallentato e addirittura fermato
i lavori. Ripicche,
contrapposizioni, posizioni che
ricordavano i nordisti e sudisti
della guerra di secessione
statunitense, hanno cercato di
impedire che la strada
raggiungesse tutte le frazioni.
Alla fine ha prevalso il buon
senso e tutte le frazioni sono
state raggiunte da diramazioni
della strada, poi asfaltata.
Una di queste diramazioni ha
raggiunto e superato i Lazzini,
i cui abitanti, unitamente ad
altri interessati, hanno
continuato a proprie spese
l’opera, così come sin
dall’inizio essi intendevano
realizzare. Con un percorso in
parte tortuoso e per un buon
tratto parallelo alla vecchia
mulattiera comunale, hanno
raggiunto con una strada
carrabile sterrata la
Provinciale (forse allora ancora
Statale) al Pino, proprio nel
punto in cui storicamente
iniziava la “strada per Buto”
per chi, un tempo, arrivava con
la “Corriera”, in bicicletta o a
piedi, al fondovalle.
Questo ha portato ad una
naturale divisione del traffico
su ruote, da e per Buto. Le
frazioni a nord del paese,
utilizzavano la nuova strada
asfaltata, quelli della Costa
Lazzini, quella sterrata dal
Pino. La prima lunga come detto
circa 10 Km., la seconda di
circa 5 Km.
Questo è durato per anni, sino a
quando la strada del Pino,
naturalmente più “fragile”, a
causa delle ripercussione
atmosferiche, è divenuta
impraticabile, nonostante gli
interventi di mantenimento da
parte di alcuni.
Era evidente che diveniva
necessario asfaltare anche
questa via ma ciò, a causa della
lunghezza del percorso,
comportava un investimento che
risultava superiore alle
possibilità dei pochi
effettivamente interessati.
Seppur risultasse evidente che
tale strada, se asfaltata,
avrebbe rappresentato una
migliore soluzione alla
viabilità per l’intero paese e
comunque una utilissima
soluzione alternativa, gli
interessi non risultavano tali
da indurre in molti a
manifestare la loro
compartecipazione alla spesa.
Risultava perciò necessario
ricercare interventi esterni. A
questo si sono dedicati per
lunghi anni, con l’appoggio del
parentado, sino al risultato
finale, Liano e Deo dei Lazzinie
Elide che, pur della Chiesa, ne
intravedeva più di altri la
utilità.
Si arriva così agli anno 2000.
Finalmente lo sforzo ottiene il
risultato voluto.
Grazie ad un contributo della
Comunità Montana, riservato alle
strade interpoderali, integrato
sostanzialmente da contributi
volontari delle famiglie butesi,
fra le quali quelle della Costa
Lazzini ancora una volta si
distinguevano in positivo,la
strada viene asfaltata e la
comunità si accorge quanto siano
più corti 5 Km. rispetto a 10
Km.
Nel 2008, un analogo intervento
(che questa volta vede anche la
partecipazione dei “Cacciatori”
e del “Consorzio Alta Val di
Vara”), di dimensioni inferiori,
realizza dei necessari
ripristini ed ulteriori
migliorie. L’utilizzo della
strada diventa sempre più
diffuso, non solo per gli
abitanti o i visitatori, ma
anche per i cercatori di funghi
(anche quelli indirizzati ai
boschi del Consorzio del Gottero
del Comune di Sesta Godano e
quindi “foresti” e
“concorrenti”), o per gli
operatori economici nel settore
del legname o dell’edilizia.
Questo maggior utilizzo, spesso
senza il rispetto delle
limitazioni che la strada
prevede per la dimensione dei
mezzi (imposte dalla larghezza
della carreggiata) e del loro
peso (per tutelare il limitato
spessore dell’asfalto che ha
permesso l’asfaltatura
dell’intero tracciato con la
somma a disposizione), comporta
una maggiore usura e maggiore
necessità di manutenzione. Uno
di questi interventi è quello
destinato alla pulizia dei bordi
stradali, che la vegetazione
continuamente assedia, nonché la
pulizia delle “cunette” e
tombini, necessaria ad evitare
che lo scorrimento delle acque
possa erodere precocemente o
divellere il nastro di asfalto.
Quest’anno, un intervento è
apparso indifferibile. La
vegetazione rendeva difficile e
pericoloso il transito,in quanto
riduceva notevolmente la
larghezza stradale e
pericolosamente la visibilità.
Sperare in un intervento
dell’autorità comunale: pura
utopia. Un intervento sarebbe
“forse” stato possibile, ma a
pagamento e comunque a “babbo
morto”.
La strada di Buto (forse non
sarà la sola), smentisce
l’opinione generale che dice
che:.. negli interventi del
pubblico, i profitti sono del
“privato” e le perdite della
“collettività”. Per Buto è
l’inverso. La strada,
“interpoderale” (quindi
teoricamente di proprietà dei
proprietari dei terreni che
interessa), è considerata
“privata” quando si tratta di
spendere per mantenerla, diventa
pubblica quando si tratta di
transitarvi, perché disinteresse
collettivo.
Così, ancora una volta i Butesi,
questa volta abbastanza numerosi
e non soli, hanno messo mani al
portafoglio e, senza intervento
pubblico, hanno sostenuto la
spesa di una bella pulizia
dell’intero tracciato. Stridente
il confronto con il segmento
della strada comunale in cui
confluisce, che pure è stato
oggetto di recentissimo
intervento di manutenzione.
Speriamo sia riconosciuto dal
“pubblico” e da chi, “foresto”,
vi transita nel rispetto delle
limitazioni segnalate.
Un grosso grazie a chi ha
contribuito a fornire un
esemplare esempio di solidarietà
e di senso civico.
Sandro Ghiorzo |