“Rendiamo omaggio,
con un fiore, un nastro
tricolore,
una preghiera che viene dal
cuore,
una bandiera innalzata,
a coloro che la vita per la
libertà han sacrificata”
|
Tiziana inoltre si è detta
disponibile a collaborare con
l’associazione Butocultur@ nella
raccolta del materiale sul
territorio del monte Gottero per
recuperarne la storia e le
tradizioni.
Pubblichiamo volentieri i sui
racconti nella sezione “Finestra
sul Vara”. La simpatica e
musicale prosa rende la lettura
ancora più piacevole.
Attendiamo simili contributi da
tutti i nostri lettori.
Tradizioni di Teviggio
“La cantarella”: quando era
piccino mio padre, più di
ottant’anni fa, un giorno
stabilito, i bambini venivano
mandati a fare il giro degli
orti e dei terreni recitando una
filastrocca, che voleva essere
propiziatoria per aver buoni
raccolti, in cui si diceva più o
meno: “cantaella giù per l’orto,
ravioli andranno giù per il mio
corpo, se neanche un topo
resterà nell’orto, se ne rimane
uno piccino scapperà domani
mattino”.
“I falò di San Giovanni”: la
notte di San Giovanni nel paese
tutte le famiglie si riunivano
con i propri vicini di casa ed
erano soliti accendere dei falò,
tutti intorno al fuoco si
raccontavano delle storie, nelle
braci calde si mettevano a
cuocere delle cipolle che si
pensava acquistassero una virtù
particolare di preservare dal
mal di pancia. I giovani quel
giorno erano in sana
competizione, per fare i falò
più grandi degli altri, felici
con poco in quell’occasione.
La Fiera di San Martino
La Fiera più importante
dell’anno, anche i bimbi lo
sanno, già nei secoli passati
per i paesini attorno al Gottero
e per il resto del territorio
varesino, era quella a novembre
di San Martino.
Per l’occasione arrivavano carri
due giorni prima della fiera,
con sopra mercanzie di ogni
qualità e gente di tutte le età.
Famiglie con carovane di asini e
muli giungevano a Varese dalle
strade montane, portando
prodotti nostrani da vendere per
poter comprare: sale, scarpe, e
qualche altro bene essenziale.
Questi contadini mettevano in
mostra pile di formaggette di
varie misure, sia tenere che
dure, sacchi di funghi che loro
stessi avevano raccolto e
essiccato, e altre mercanzie che
con pazienza avevan preparato.
San Martino era l’avvenimento
atteso tutto l’anno per
realizzare qualche guadagno.
Si sentiva un gran vocìo
prodotto da tutta quella gente
arrivata sia dai monti che dal
mare per negoziare e curiosare.
Nei “carruggi” del borgo i
calzolai vendevano le scarpe
frutto del loro abile lavoro di
artigiani.
Qualche volta poteva capitare di
barattare i loro prodotti con
pollame, o qualche altro genere
alimentare.
La maggior parte della
popolazione era povera e spesso
i giorni feriali andava scalza o
con zoccoli in legno rudimentali
detti “trottini”.
Solitamente le scarpe “vere”
venivano indossate solo nelle
feste comandate, perché
rappresentavano quasi un lusso
in quei tempi.
La gente lavorava duramente
senza mezzi meccanici in
agricoltura, ma si sapeva
accontentare, e nel tempo libero
si riuniva a cantare e ballare.
Col trascorrere degli anni
economicamente c’è stato un gran
progresso, ma forse erano più
sereni allora di adesso….
Superstizioni locali
Non si devono regalare i
fazzoletti, perché portano
lacrime a chi li riceve. Bastava
farsi dare qualche centesimo in
cambio per esorcizzare.
·Porta sfortuna rovesciare sia
il sale che l’olio.
Probabilmente la superstizione è
nata perché nell’economia povera
delle famiglie del passato
questi condimenti erano
particolarmente preziosi. Quando
si uccideva il maiale il
condimento principale usato
durante l’anno era il lardo, e
lo strutto per friggere. Chi ne
aveva la possibilità barattava
pancette e lardo con l’olio di
qualche famiglia “mainesca”.
Curiosità
Ai tempi dei nonni quando
mettevano a cuocere il pane
sotto il testo prima di
infornarlo si facevano sempre il
segno della croce. |