Sig. Parroco, Sig.ri Sindaci,
autorità, Popolo di Teviggio
(così i parroci sino
all’Ottocento identificavano la
comunità parrocchiale), è con
molto piacere che presento il
libro dedicato al paese,
un’opera iniziata due anni fa,
il cui testo è stato terminato
quest’anno nei giorni di maggio
dedicati alla Beata Vergine di
Caravaggio e, dopo l’inserimento
delle foto, la revisione,
l’impaginazione, la stampa e la
numerazione di ciascuna delle
mille copie, è ora disponibile
nella giornata riservata al
titolare della parrocchia. Due
ricorrenze importanti per
Teviggio hanno segnato i due
momenti della realizzazione del
libro, così come le feste
religiose hanno guidato la vita
di intere generazioni di
teviggesi.
In questo breve intervento non
mi sarà possibile descrivere i
numerosi avvenimenti accaduti
nel millennio e narrati nel
libro (così sarà più stimolata
la lettura) ma racconterò la
genesi del libro, la sua
struttura e la procedura seguita
per la sua realizzazione.
L’idea di raccontare la storia
del paese è nata ad Adriana
Pezzi che, assieme a Carlo De
Vincenzi, naturalmente sotto la
sapiente regìa del nostro
parroco, mi hanno “attratto” in
questa chiesa mostrandomi i
documenti presenti nell’archivio
parrocchiale. Per la verità
avevo già fatto una visita
all’archivio per rintracciare i
documenti del vicariato relativi
al paese di Buto, per il quale
nel 2007 è stato pubblicato un
libro sui 350 anni della
parrocchia (nata nel 1657 dallo
smembramento della parrocchia di
Costola). In quell’occasione mi
ero reso conto della perfetta
conservazione dei registri della
parrocchia e della mole della
documentazione contenuta
nell’archivio.
La richiesta che proveniva da
due sinceri amici, l’opportunità
di aggiungere altri elementi a
quelli che già possedevo sulla
storia e tradizioni dei paesini
dell’Alta Val di Vara e
soprattutto la circostanza che
una mia antenata (la nonna del
mio nonno materno) era nata nel
1817 a Pizzolo di Teviggio, e
quindi anch’io ho alcune radici
in questo paese, questi fatti mi
hanno convinto ad affrontare
un’avventura che sapevo
affascinante ma che mi avrebbe
certamente impegnato –come in
effetti è stato- profondamente.
Il libro si articola in 14
capitoli per 539 pagine ed è
completato da oltre 1.200 note a
piè di pagina. La pubblicazione
è arricchita da oltre 200 foto
ed è stata presentata dal
Sindaco di Varese Ligure e dal
Presidente della Comunità
montana della Val di Vara, con
prefazione del parroco. La
copertina riporta l’immagine
della chiesa parrocchiale col
campanile e l’oratorio, mentre
il retro della copertina è
dedicato alla Madonna di
Caravaggio, che dal 1718
protegge la comunità. La
struttura del libro è legata
alla vastità del materiale
reperito. Tuttavia cerco ora di
semplificarne la descrizione,
dividendo il libro in quattro
parti sostanziali.
Le informazioni ricevute, in
particolare da Carlo De Vincenzi,
mi hanno certamente aiutato a
meglio definire il territorio e
la sua gente. Carlo, sfruttando
i propri ricordi e quelli del
padre Silvio, ha fornito la
propria impronta sulla parte del
libro che ha descritto
l’ambiente, il lavoro, le
tradizioni e i proverbi. E le
descrizioni del territorio di
Teviggio e del suo popolo
costituiscono la prima parte del
libro. Numerosi “altri figli del
paese” (tra i tanti le famiglie
Delucchi, De Nevi, De Vincenzi,
Ottoboni, Pezzi, Ronconi e
Zucchi) hanno con entusiasmo
partecipato al recupero della
memoria, fornendo notizie
importanti sugli avvenimenti e
sulle condizioni di vita nel
paese nella prima metà del XX
secolo.
La seconda parte del libro è
dedicata alla parrocchia, con le
sue chiese. Parrocchia che è del
tutto autonoma a partire dal
1519, quando fu separata da
quella del vicino paese di
Porciorasco, passata in quella
data sotto la diocesi di Genova
in uno scambio di parrocchie con
la diocesi di Brugnato. L’antica
chiesa parrocchiale era
intitolata a San Quirico, una
delle prime della valle –come
scrive il Cesena-, probabilmente
di ispirazione bizantina come fa
intendere il santo a cui è stata
dedicata. Questa chiesa si
sviluppò poi per l’opera dei
monaci dell’abbazia di Brugnato,
fu restaurata e ingrandita
all’inizio del ‘500 e purtroppo
semidistrutta a metà dello
stesso secolo da una frana
causata da un alluvione del
torrente Stora e rimase come
chiesa cimiteriale ancora per
cento anni (sino al 1667), per
essere nel ‘700 definitivamente
interdetta dalle funzioni e poi
perduta a causa di altre frane.
Attualmente è possibile
intravedere solo quelli che
sembrano i resti del cimitero
che la circondava. Poi la nuova
chiesa, dedicata a San Rocco
(descritta in una delle prime
visite pastorali dei vescovi
della diocesi di Brugnato mons.
Nicolò Mascardi quale cappella a
una sola navata, col tetto di
legno e il pavimento di terra,
costruita nel ‘500 in occasione
di una delle molte pestilenze
che colpirono il territorio –San
Rocco era infatti invocato
contro il flagello della peste)
e poi ingrandita e ricostruita
nei secoli successivi sino ad
assumere l’aspetto attuale. Gli
altri edifici religiosi
descritti nel libro sono
l’oratorio di San Giorgio
(anch’esso richiamato nelle
visite pastorali del ‘500) e la
cappella di Pizzolo (costruita
nel 1666 a spese di prete Paolo
Battista Pezzi) dedicata a San
Giuseppe. Questa parte del libro
ricorda anche la masseria, i
legati, le Confraternite (la più
antica Confraternita di Teviggio,
quella del SS. Sacramento,
risale almeno a cinquecento anni
fa), le feste religiose. Le
notizie sulla parrocchia sono
state acquisite principalmente
durante sei visite effettuate
presso l’archivio dell’antica
diocesi di Brugnato che si trova
presso la biblioteca Niccolò V
di Sarzana e leggendo le
relazioni delle visite pastorali
dei vescovi. La ricostruzione
della sequenza dei 38 sacerdoti
che hanno amministrato la
parrocchia dal 1622 a oggi
(parroci ed economi spirituali)
è stata realizzata con la
consultazione dei registri
parrocchiali.
La terza parte del libro è tutta
dedicata all’analisi dei
registri parrocchiali che furono
istituiti in questa parrocchia a
partire dal 1622 (quelli dei
battesimi e dei matrimoni) e dal
1649 quello dei defunti, in
ottemperanza alle disposizioni
impartite dal Concilio di Trento
(1545-1563). Attraverso
l’istituzione dei registri la
Chiesa intese creare un
meccanismo di controllo sui
fedeli per frenare la diffusione
della riforma protestante
(nessun pericolo da questo punto
di vista corsero i nostri
paesini del lungo Vara). Grazie
ai registri è ora possibile far
rivivere preziose informazioni e
notizie che altrimenti si
sarebbero perse inevitabilmente.
In questa fase è stato
importante l’apporto di Leandro
De Mattei che ha ripreso
fotograficamente tutte le pagine
dei registri (conservati in modo
impeccabile), dalla loro
istituzione ad oggi (circa 400
anni di registrazioni) e ha
creato una banca dati
fotografica costituita da circa
4.000 fotogrammi, comprensiva
anche dei documenti reperiti a
Sarzana. E’ stato quindi
possibile lavorare sui
fotogrammi lasciando del tutto
integri i documenti originari.
Leandro è conosciuto da tutti,
in particolar modo per aver
creato e fatto funzionare con
successo il più visitato sito
internet della Val di Vara (ad
oggi oltre 500.000 visitatori).
Questa parte del libro è
particolarmente importante
perché esaminando i registri è
stato possibile ricostruire
l’andamento dei battesimi (e
quindi delle nascite), dei
matrimoni e delle morti,
influenzate dalle guerre, dalle
epidemie e carestie è stata
confermata l’altissima mortalità
infantile, la speranza di vita
una volta superata l’infanzia
(per certi versi
sorprendentemente alta ad
esempio nel Seicento, escludendo
i deceduti con meno di 13 anni,
la media si attestò sui 50 anni,
ma già allora qualcuno raggiunse
i 90 anni di età), i rapporti
coi paesi vicini che emergono
dai matrimoni (nel 34 % dei
matrimoni le donne del paese
hanno sposato uomini provenienti
principalmente dalle località
vicine). Numerose sono state le
elaborazioni sui dati
riscontrati nei registri; 6.613
sono i soggetti complessivamente
esaminati. Il nome attribuito
con maggior frequenza tra i
maschietti è Giovanni che appare
543 volte (specialmente abbinato
a Battista) e tra le bimbette è
Maria, attribuito 846 volte (da
solo o abbinato ad altri nomi
come Caterina e Maddalena), cioè
ad oltre la metà delle neonate.
Il nome Maria fu dato anche 124
volte ai neonati maschi, come
secondo nome. Ma altre notizie
emergono in quanto i parroci
spesso annotavano avvenimenti
tragici come l’epidemia di tifo
petecchiale seguita alla grande
carestia del 1817 che causò in
un solo anno una trentina di
decessi (il 10% della
popolazione) o i frequenti
incidenti mortali (annegamenti
nei torrenti, infortuni nelle
selve). Accenno a due dei
numerosi fatti riportati dai
parroci: l’uccisione di un
diacono durante la festa della
Madonna di Caravaggio nel 1763
(il poveretto, che con gli altri
fedeli era sul piazzale della
chiesa durante la distribuzione
dei “panetti”, fu vittima di un
agguato, gli assassini sbucarono
a lato della chiesa e lo
colpirono con un “colpo di
schioppo”) e poi l’uccisione di
un presunto contrabbandiere da
parte di un “preposto” nella
selva del monte Gottero nel
1807, a dimostrazione che
l’antica strada per l’Emilia
sulla costa del Veggio, dopo la
realizzazione di quella sulla
costa di San Damiano, era ancora
utilizzata, ai primi
dell’Ottocento, anche dai
contrabbandieri e vigilata dai
doganieri.
L’ultima parte del libro è la
ricostruzione della storia del
paese, nato attorno alla chiesa
primitiva, storia influenzata
dalla posizione sull’antica
strada per l’Emilia e al confine
tra le diocesi di Luni e di
Genova, confine che passava per
la costa di Configno,
denominazione che significa
appunto confine. Per questi
motivi il territorio fu
coinvolto in varie guerre a
partire dagli scontri tra i
Bizantini prima con i Goti e poi
coi Longobardi, sino alle lotte
tra i feudatari locali e poi tra
questi e la nascente potenza del
comune di Genova. I passaggi di
truppe straniere lasciarono
devastazioni e malattie che con
le ricorrenti carestie resero
estremamente difficile
l’esistenza agli abitanti
dell’Alta Val di Vara. Dal punto
di vista religioso la chiesa di
San Quirico fu sottratta
all’influenza della diocesi di
Luni (con la quale mantenne
rapporti di carattere liturgico
sino al Quattrocento) per essere
gestita dall’abbazia di Brugnato
che nel 1133 divenne diocesi. La
ricostruzione della storia del
paese, oltre che dai documenti
antichi conservati a Sarzana e
qui in parrocchia, è stata
effettuata esaminando oltre 100
testi di storici della zona
(l’elenco è rilevabile nella
sezione bibliografia e può
essere utile per eventuali
approfondimenti). Questi testi
sono stati rintracciati nelle
biblioteche di Genova, La
Spezia, Sarzana e Chiavari. Per
dimostrare come la tenacia sia
una componente fondamentale di
queste ricerche storiche, voglio
ricordare due episodi. Il primo
che ha avuto esito positivo
riguarda il recupero di uno
scritto dello storico Ferruccio
Sassi che scrisse un brano
intitolato “Il castello di
Teviggio”, citato da vari
autori. Ebbene sono riuscito a
rintracciare l’articolo (perché
si tratta di un articolo
pubblicato su di una rivista nel
1938), dopo varie ricerche
infruttuose, presso la
biblioteca comunale di Parma.
L’articolo ricorda la cessione
del castello, proprietà di
piccoli feudatari locali, a
Genova, nel gennaio del 1150. Il
secondo episodio, questo
infruttuoso, riguarda il
tentativo di rintracciare il
dipinto che si trovava
anticamente dietro l’altare
della cappella di Pizzolo.
Questo quadro, opera di Bernardo
Strozzi, grande pittore genovese
del ‘600, raffigura San Giuseppe
e la Madonna. Nell’Ottocento fu
ritirato dal Conservatorio
Interiano di Genova, istituto
che gestiva gli interessi della
cappella, ma nonostante numerosi
tentativi, anche interessando
enti religiosi genovesi, al
momento non è stato possibile
reperire il dipinto. Storia
ricchissima di avvenimenti,
quella del paese di Teviggio,
storia di guerre come quella del
1748 che vide l’invasione delle
truppe austriache (che posero il
loro quartiere generale a
Confino) impegnate contro le
truppe franco-spagnole-genovesi
nella guerra di successione
austriaca e con la stipula a San
Pietro Vara di un armistizio.
Nel libro è citata una fonte
inedita, quella della parte
austriaca, e il materiale mi è
stato gentilmente fornito
dall’avv. Mario Massucco di
Sestri Levante. La storia del
paese è anche il susseguirsi di
dominatori, dopo i Fieschi, dal
1547 la Serenissima repubblica
aristocratica di Genova, poi,
durante l’epopea napoleonica per
un breve periodo quella
democratica, dal 1805 l’impero
francese, dopo il congresso di
Vienna (1814-1815), il regno
sabaudo. Le due guerre mondiali
con il tributo di sangue (e qui
numerose testimonianze hanno
ricordato i militari impegnati
sui vari fronti e le fasi della
guerra civile) e poi il
dopoguerra che ha visto il
passaggio dalla civiltà
contadina a quella industriale,
con il conseguente abbandono del
paese da parte dei giovani e la
recente riscoperta di una grande
identità che fa ben sperare per
il futuro.
Concludendo, ritengo
particolarmente indovinato il
titolo del libro, suggerito dal
nostro parroco. La storia di
Teviggio (intesa non solo come
avvenimenti ma soprattutto come
valori della propria gente:
famiglia, solidarietà,
importanza della Comunità
ricordiamo le parole di
Monsignor Bellotti pronunciate
stamani durante l’omelia sulle
conseguenze che derivano
dall’assenza della Comunità) è
infatti paragonabile a uno
scrigno che raccoglie fatti
preziosi e conserva la memoria
del ricchissimo bagaglio
culturale del paese e che deve
servire da esempio e da stimolo
per il futuro. Questo libro,
realizzato col contributo anche
economico di tanti (essendo
interamente riservate alla
parrocchia le offerte che si
riceveranno), ha cercato di
riordinare questi fatti e in
particolare ha cercato di
recuperare la storia millenaria
della comunità di Teviggio per
salvaguardarne i valori e nel
massimo rispetto dei sacrifici
di chi ci ha preceduto –
pensiamo soltanto al lavoro
sostenuto per sottrarre terreno
alla foresta. Se questo
risultato è stato raggiunto, il
libro potrà costituire una
preziosa risorsa per le
generazioni future. |