Relazione Dott. Sergio Gabrovec

 
 

Sig. Parroco, Sig.ri Sindaci, autorità, Popolo di Teviggio (così i parroci sino all’Ottocento identificavano la comunità parrocchiale), è con molto piacere che presento il libro dedicato al paese, un’opera iniziata due anni fa, il cui testo è stato terminato quest’anno nei giorni di maggio dedicati alla Beata Vergine di Caravaggio e, dopo l’inserimento delle foto, la revisione, l’impaginazione, la stampa e la numerazione di ciascuna delle mille copie, è ora disponibile nella giornata riservata al titolare della parrocchia. Due ricorrenze importanti per Teviggio hanno segnato i due momenti della realizzazione del libro, così come le feste religiose hanno guidato la vita di intere generazioni di teviggesi.
In questo breve intervento non mi sarà possibile descrivere i numerosi avvenimenti accaduti nel millennio e narrati nel libro (così sarà più stimolata la lettura) ma racconterò la genesi del libro, la sua struttura e la procedura seguita per la sua realizzazione.
L’idea di raccontare la storia del paese è nata ad Adriana Pezzi che, assieme a Carlo De Vincenzi, naturalmente sotto la sapiente regìa del nostro parroco, mi hanno “attratto” in questa chiesa mostrandomi i documenti presenti nell’archivio parrocchiale. Per la verità avevo già fatto una visita all’archivio per rintracciare i documenti del vicariato relativi al paese di Buto, per il quale nel 2007 è stato pubblicato un libro sui 350 anni della parrocchia (nata nel 1657 dallo smembramento della parrocchia di Costola). In quell’occasione mi ero reso conto della perfetta conservazione dei registri della parrocchia e della mole della documentazione contenuta nell’archivio.
La richiesta che proveniva da due sinceri amici, l’opportunità di aggiungere altri elementi a quelli che già possedevo sulla storia e tradizioni dei paesini dell’Alta Val di Vara e soprattutto la circostanza che una mia antenata (la nonna del mio nonno materno) era nata nel 1817 a Pizzolo di Teviggio, e quindi anch’io ho alcune radici in questo paese, questi fatti mi hanno convinto ad affrontare un’avventura che sapevo affascinante ma che mi avrebbe certamente impegnato –come in effetti è stato- profondamente.
Il libro si articola in 14 capitoli per 539 pagine ed è completato da oltre 1.200 note a piè di pagina. La pubblicazione è arricchita da oltre 200 foto ed è stata presentata dal Sindaco di Varese Ligure e dal Presidente della Comunità montana della Val di Vara, con prefazione del parroco. La copertina riporta l’immagine della chiesa parrocchiale col campanile e l’oratorio, mentre il retro della copertina è dedicato alla Madonna di Caravaggio, che dal 1718 protegge la comunità. La struttura del libro è legata alla vastità del materiale reperito. Tuttavia cerco ora di semplificarne la descrizione, dividendo il libro in quattro parti sostanziali.
Le informazioni ricevute, in particolare da Carlo De Vincenzi, mi hanno certamente aiutato a meglio definire il territorio e la sua gente. Carlo, sfruttando i propri ricordi e quelli del padre Silvio, ha fornito la propria impronta sulla parte del libro che ha descritto l’ambiente, il lavoro, le tradizioni e i proverbi. E le descrizioni del territorio di Teviggio e del suo popolo costituiscono la prima parte del libro. Numerosi “altri figli del paese” (tra i tanti le famiglie Delucchi, De Nevi, De Vincenzi, Ottoboni, Pezzi, Ronconi e Zucchi) hanno con entusiasmo partecipato al recupero della memoria, fornendo notizie importanti sugli avvenimenti e sulle condizioni di vita nel paese nella prima metà del XX secolo.
La seconda parte del libro è dedicata alla parrocchia, con le sue chiese. Parrocchia che è del tutto autonoma a partire dal 1519, quando fu separata da quella del vicino paese di Porciorasco, passata in quella data sotto la diocesi di Genova in uno scambio di parrocchie con la diocesi di Brugnato. L’antica chiesa parrocchiale era intitolata a San Quirico, una delle prime della valle –come scrive il Cesena-, probabilmente di ispirazione bizantina come fa intendere il santo a cui è stata dedicata. Questa chiesa si sviluppò poi per l’opera dei monaci dell’abbazia di Brugnato, fu restaurata e ingrandita all’inizio del ‘500 e purtroppo semidistrutta a metà dello stesso secolo da una frana causata da un alluvione del torrente Stora e rimase come chiesa cimiteriale ancora per cento anni (sino al 1667), per essere nel ‘700 definitivamente interdetta dalle funzioni e poi perduta a causa di altre frane. Attualmente è possibile intravedere solo quelli che sembrano i resti del cimitero che la circondava. Poi la nuova chiesa, dedicata a San Rocco (descritta in una delle prime visite pastorali dei vescovi della diocesi di Brugnato mons. Nicolò Mascardi quale cappella a una sola navata, col tetto di legno e il pavimento di terra, costruita nel ‘500 in occasione di una delle molte pestilenze che colpirono il territorio –San Rocco era infatti invocato contro il flagello della peste) e poi ingrandita e ricostruita nei secoli successivi sino ad assumere l’aspetto attuale. Gli altri edifici religiosi descritti nel libro sono l’oratorio di San Giorgio (anch’esso richiamato nelle visite pastorali del ‘500) e la cappella di Pizzolo (costruita nel 1666 a spese di prete Paolo Battista Pezzi) dedicata a San Giuseppe. Questa parte del libro ricorda anche la masseria, i legati, le Confraternite (la più antica Confraternita di Teviggio, quella del SS. Sacramento, risale almeno a cinquecento anni fa), le feste religiose. Le notizie sulla parrocchia sono state acquisite principalmente durante sei visite effettuate presso l’archivio dell’antica diocesi di Brugnato che si trova presso la biblioteca Niccolò V di Sarzana e leggendo le relazioni delle visite pastorali dei vescovi. La ricostruzione della sequenza dei 38 sacerdoti che hanno amministrato la parrocchia dal 1622 a oggi (parroci ed economi spirituali) è stata realizzata con la consultazione dei registri parrocchiali.
La terza parte del libro è tutta dedicata all’analisi dei registri parrocchiali che furono istituiti in questa parrocchia a partire dal 1622 (quelli dei battesimi e dei matrimoni) e dal 1649 quello dei defunti, in ottemperanza alle disposizioni impartite dal Concilio di Trento (1545-1563). Attraverso l’istituzione dei registri la Chiesa intese creare un meccanismo di controllo sui fedeli per frenare la diffusione della riforma protestante (nessun pericolo da questo punto di vista corsero i nostri paesini del lungo Vara). Grazie ai registri è ora possibile far rivivere preziose informazioni e notizie che altrimenti si sarebbero perse inevitabilmente. In questa fase è stato importante l’apporto di Leandro De Mattei che ha ripreso fotograficamente tutte le pagine dei registri (conservati in modo impeccabile), dalla loro istituzione ad oggi (circa 400 anni di registrazioni) e ha creato una banca dati fotografica costituita da circa 4.000 fotogrammi, comprensiva anche dei documenti reperiti a Sarzana. E’ stato quindi possibile lavorare sui fotogrammi lasciando del tutto integri i documenti originari. Leandro è conosciuto da tutti, in particolar modo per aver creato e fatto funzionare con successo il più visitato sito internet della Val di Vara (ad oggi oltre 500.000 visitatori). Questa parte del libro è particolarmente importante perché esaminando i registri è stato possibile ricostruire l’andamento dei battesimi (e quindi delle nascite), dei matrimoni e delle morti, influenzate dalle guerre, dalle epidemie e carestie è stata confermata l’altissima mortalità infantile, la speranza di vita una volta superata l’infanzia (per certi versi sorprendentemente alta ad esempio nel Seicento, escludendo i deceduti con meno di 13 anni, la media si attestò sui 50 anni, ma già allora qualcuno raggiunse i 90 anni di età), i rapporti coi paesi vicini che emergono dai matrimoni (nel 34 % dei matrimoni le donne del paese hanno sposato uomini provenienti principalmente dalle località vicine). Numerose sono state le elaborazioni sui dati riscontrati nei registri; 6.613 sono i soggetti complessivamente esaminati. Il nome attribuito con maggior frequenza tra i maschietti è Giovanni che appare 543 volte (specialmente abbinato a Battista) e tra le bimbette è Maria, attribuito 846 volte (da solo o abbinato ad altri nomi come Caterina e Maddalena), cioè ad oltre la metà delle neonate. Il nome Maria fu dato anche 124 volte ai neonati maschi, come secondo nome. Ma altre notizie emergono in quanto i parroci spesso annotavano avvenimenti tragici come l’epidemia di tifo petecchiale seguita alla grande carestia del 1817 che causò in un solo anno una trentina di decessi (il 10% della popolazione) o i frequenti incidenti mortali (annegamenti nei torrenti, infortuni nelle selve). Accenno a due dei numerosi fatti riportati dai parroci: l’uccisione di un diacono durante la festa della Madonna di Caravaggio nel 1763 (il poveretto, che con gli altri fedeli era sul piazzale della chiesa durante la distribuzione dei “panetti”, fu vittima di un agguato, gli assassini sbucarono a lato della chiesa e lo colpirono con un “colpo di schioppo”) e poi l’uccisione di un presunto contrabbandiere da parte di un “preposto” nella selva del monte Gottero nel 1807, a dimostrazione che l’antica strada per l’Emilia sulla costa del Veggio, dopo la realizzazione di quella sulla costa di San Damiano, era ancora utilizzata, ai primi dell’Ottocento, anche dai contrabbandieri e vigilata dai doganieri.
L’ultima parte del libro è la ricostruzione della storia del paese, nato attorno alla chiesa primitiva, storia influenzata dalla posizione sull’antica strada per l’Emilia e al confine tra le diocesi di Luni e di Genova, confine che passava per la costa di Configno, denominazione che significa appunto confine. Per questi motivi il territorio fu coinvolto in varie guerre a partire dagli scontri tra i Bizantini prima con i Goti e poi coi Longobardi, sino alle lotte tra i feudatari locali e poi tra questi e la nascente potenza del comune di Genova. I passaggi di truppe straniere lasciarono devastazioni e malattie che con le ricorrenti carestie resero estremamente difficile l’esistenza agli abitanti dell’Alta Val di Vara. Dal punto di vista religioso la chiesa di San Quirico fu sottratta all’influenza della diocesi di Luni (con la quale mantenne rapporti di carattere liturgico sino al Quattrocento) per essere gestita dall’abbazia di Brugnato che nel 1133 divenne diocesi. La ricostruzione della storia del paese, oltre che dai documenti antichi conservati a Sarzana e qui in parrocchia, è stata effettuata esaminando oltre 100 testi di storici della zona (l’elenco è rilevabile nella sezione bibliografia e può essere utile per eventuali approfondimenti). Questi testi sono stati rintracciati nelle biblioteche di Genova, La Spezia, Sarzana e Chiavari. Per dimostrare come la tenacia sia una componente fondamentale di queste ricerche storiche, voglio ricordare due episodi. Il primo che ha avuto esito positivo riguarda il recupero di uno scritto dello storico Ferruccio Sassi che scrisse un brano intitolato “Il castello di Teviggio”, citato da vari autori. Ebbene sono riuscito a rintracciare l’articolo (perché si tratta di un articolo pubblicato su di una rivista nel 1938), dopo varie ricerche infruttuose, presso la biblioteca comunale di Parma. L’articolo ricorda la cessione del castello, proprietà di piccoli feudatari locali, a Genova, nel gennaio del 1150. Il secondo episodio, questo infruttuoso, riguarda il tentativo di rintracciare il dipinto che si trovava anticamente dietro l’altare della cappella di Pizzolo. Questo quadro, opera di Bernardo Strozzi, grande pittore genovese del ‘600, raffigura San Giuseppe e la Madonna. Nell’Ottocento fu ritirato dal Conservatorio Interiano di Genova, istituto che gestiva gli interessi della cappella, ma nonostante numerosi tentativi, anche interessando enti religiosi genovesi, al momento non è stato possibile reperire il dipinto. Storia ricchissima di avvenimenti, quella del paese di Teviggio, storia di guerre come quella del 1748 che vide l’invasione delle truppe austriache (che posero il loro quartiere generale a Confino) impegnate contro le truppe franco-spagnole-genovesi nella guerra di successione austriaca e con la stipula a San Pietro Vara di un armistizio. Nel libro è citata una fonte inedita, quella della parte austriaca, e il materiale mi è stato gentilmente fornito dall’avv. Mario Massucco di Sestri Levante. La storia del paese è anche il susseguirsi di dominatori, dopo i Fieschi, dal 1547 la Serenissima repubblica aristocratica di Genova, poi, durante l’epopea napoleonica per un breve periodo quella democratica, dal 1805 l’impero francese, dopo il congresso di Vienna (1814-1815), il regno sabaudo. Le due guerre mondiali con il tributo di sangue (e qui numerose testimonianze hanno ricordato i militari impegnati sui vari fronti e le fasi della guerra civile) e poi il dopoguerra che ha visto il passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, con il conseguente abbandono del paese da parte dei giovani e la recente riscoperta di una grande identità che fa ben sperare per il futuro.
Concludendo, ritengo particolarmente indovinato il titolo del libro, suggerito dal nostro parroco. La storia di Teviggio (intesa non solo come avvenimenti ma soprattutto come valori della propria gente: famiglia, solidarietà, importanza della Comunità ricordiamo le parole di Monsignor Bellotti pronunciate stamani durante l’omelia sulle conseguenze che derivano dall’assenza della Comunità) è infatti paragonabile a uno scrigno che raccoglie fatti preziosi e conserva la memoria del ricchissimo bagaglio culturale del paese e che deve servire da esempio e da stimolo per il futuro. Questo libro, realizzato col contributo anche economico di tanti (essendo interamente riservate alla parrocchia le offerte che si riceveranno), ha cercato di riordinare questi fatti e in particolare ha cercato di recuperare la storia millenaria della comunità di Teviggio per salvaguardarne i valori e nel massimo rispetto dei sacrifici di chi ci ha preceduto – pensiamo soltanto al lavoro sostenuto per sottrarre terreno alla foresta. Se questo risultato è stato raggiunto, il libro potrà costituire una preziosa risorsa per le generazioni future.

Sergio Gabrovec          

 

 

 

  


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